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L’Antitrust USA indaga su Apple Music

Apple Music

Apple Music finisce nel mirino dell’Antitrust statunitense. Il servizio per la musica in streaming presentato da Apple all’evento per sviluppatori WWDC 2015 arriverà soltanto alla fine di giugno ma i procuratori generali di New York e del Connecticut vogliono vederci chiaro. Un’investigazione congiunta portata avanti dai massimi vertici delle procure dei due Stati vuole capirci di più sugli accordi presi da Cupertino con le major musicali. Temono che Apple abbia sfruttato il nuovo servizio per la musica in streaming per penalizzare le applicazioni o le piattaforme che offrono lo stesso tipo di servizio gratuitamente guadagnando tramite la pubblicità.

La notizia è trapelata grazie a una lettera spedita da Universal Music Group all’ufficio del procuratore generale dello Stato di New York. Nella missiva, arrivata via e-mail, non si fa un riferimento diretto ad Apple Music. Universal spiega di non essersi messa d’accordo con Apple e di non aver siglato accordi con i competitor (Sony Music Entertainment e Warner Music Group) per impedire il decollo di altri servizi in streaming, come Spotify, Pandora o Deezer.

Apple Music

Sembra un film già visto se torniamo indietro di qualche anno e ci proiettiamo nel mercato eBook. Apple aveva preso accordi con cinque case editrici (Hachette, Penguin, Harper Collins, Macmillan e Simon&Schuster) per indirizzare i prezzi in modo tale da penalizzare Amazon e le altre piattaforme di distribuzione. Apple Music, rispetto agli altri servizi in streaming prima citati, non offre un account gratuito supportato dalla pubblicità. Il sospetto è che questa mossa della Mela possa spingere, prima o poi, le grandi etichette discografiche a rivedere i loro accordi con le società che offrono musica in streaming attraverso un abbonamento free.

Matt Mittenthal, portavoce del procuratore generale di New York Eric Schneiderman, ha dichiarato che «La lettera fa parte di un’indagine ancora in corso sul mercato della musica in streaming. Un’industria in cui la concorrenza ha di recente condotto a nuovi e differenti modi di ascoltare la musica per i consumatori. Per tutelare i benefici di questa concorrenza è importante assicurare che questo mercato continui a svilupparsi libero da collusioni e altre pratiche anticompetitive».

Non a caso Schneiderman, insieme al collega del Connecticut George Jepsen, era tra i 33 procuratori generali che citarono Apple e gli altri giganti dell’editoria un paio di anni fa.

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