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Poche luci e troppe ombre nella tre giorni Europea della Italiane

Si chiude un turno infrasettimanale di coppe Europee che vede, come specco accaduto negli ultimi anni, le nostre squadre leccarsi le ferite lasciate dagli avversari, chi senza pietà come il Bayern di Guardiola sulla povera Roma, chi come Olympiakos e Young Boys abbastanza sorprese dalla pochezza di Juventus e Napoli nei loro riguardi. Partiamo proprio dalle note dolenti, le prime 3 dello scorso campionato cadono in maniera diversa ma portano tutte in dote un ridimensionamento delle proprie aspettative oltre confine nazionale, chi era partito a razzo in un girone tostissimo è stata la Roma di Garcia, l’alieno venuto da Lille nella capitale è stato riportato con i piedi per terra dalla sonora e fin troppo pesante lezione del professor Guardiola, capace di stenedere l’avversario nella propria tana dinnanzi a 70.000 tifosi sotto il peso di 7 gol eguagliando il record negativo, già detenuto dai giallorossi, di Manchester – Roma del 2007. Robben e compagni hanno messo in evidenza tutti i punti deboli della squadra capitolina, annientando sul piano fisico e tattico il malcapitato e pesantemente fuori luogo Ashley Cole. I veri extraterrestri, aiutati, come se servisse, da lui come dal portiere De Santics o dal passo lento di Pjanic in mezzo al campo o ancora da capitan Totti che abbandona il campo mestamente a metà gara. Il vero colpevole, a fine gara si è autodefinito il tecnico Garcia, reo di aver sbagliato formazione e tattica di partenza dando modo ai Bavaresi di sfogare tutto il proprio potenziale offensivo, in Europa tutti questi fattori si pagano e l’unica nota che può alleviare lo scotto di una sconfitta dalle dimensioni catastrofiche è il pareggio del Manchester City in Russia che pone la Roma in una posizione di classifica, rischiosa ma ancora del tutto aperta per il discorso qualificazione.

Il giorno seguente la Juventus di scena in Grecia con il chiaro obiettivo di avvicinare la qualificazione e scrollarsi di dosso le critiche del pareggio post Sassuolo fallisce e torna anch’essa pesantemente ridimensionata in Italia dove ad aspettarla c’è la gogna mediatica, per gente fuori condizione come Pirlo, non concentrata come Vidal o non pungente come Tevez e soprattutto per l’allenatore, quel Massimiliano Allegri che immaginava che prima o poi sarebbe finito sul banco degli imputati, perchè quando subentri ad un allenatore che ha vinto per 3 anni di seguito e vieni accolto con il coro “noi Allegri non lo vogliamo” è normale che alle prime incertezze venga rispolverato il fantasma ingombrante di Antonio Conte e tu, povero Max, finisci per essere quello che sbaglia formazione, che fa rendere al minimo il già citato Pirlo, che tiene in panchina Marchisio, che nonostante hai fatto più punti del tuo predecessore, sei ancora primo in classifica e dovrai affrontare le prossime gare di Champions in casa e nel mezzo la non difficile trasferta di Malmo, giocandoti tranquillamente la qualificazione, bè nonostante questo Conte era meglio e già sai che dovrai vincere e convincere il doppio per guadagnarti, forse, la loro fiducia. Valutando gli 11 scesi in campo e non il tecnico è evidente che nella serata di Atene si salvano i giovani e falliscono, uno ad uno, i senatori. I soli Pogba e Morata si guadagnano la sufficienza ma non basta perchè di fronte a loro si erge ad Achille dei giorni nostri, l’eroe mitologico Roberto, portiere Spagnolo ai più sconosciuto ma capace di guadagnarsi l’applauso scrosciante delle migliaglia di Greci giunti al Karaiskákis del Pireo. La Juventus perde, rimane a 3 punti e vede l’Atletico Madrid e lo stesso Olympiakos volare a 6, con lo spettro se non si riuscisse a cambiar passo, di un’altra retrocessione in Europa League, che quest’anno non avrebbe la stessa comprensione di dirigenza e tifoseria che ebbe Antonio Conte.

Terza protagonista in negativo è il Napoli di Benitez, il Napoli che stenta, che avvolte vince ma non convince e avvolte perde e perde male, proprio come accaduto a Berna contro il modestissimo Young Boys, appena quinto nel campionato Svizzero, calcolando che lì partecipano in 10 un pò come il nostro Genoa od Empoli tanto per capirci. Il turn over del tecnico Spagnolo non convince anzi mette in risalto tutte le ristrettezze della rosa Partenopea e la differenza tra titolari e panchinari, perchè il Michu o lo Zapata visti in Svizzera messi insieme non valgono lo spento Higuain di inizio stagione, perchè nonostante ci mettano intensità e ritmo De Guzman e Jorginho non sembrano essere giocatori adatti a calcare palcoscenici importanti. A tutto questo va aggiunto il non facile momento della dirigenza, De Laurentiis è ancora incerto sul suo futuro, il rapporto con Benitez si è incrinato ed entrambi si attribuiscono colpe e sbagli, la mancanza di un mercato all’altezza o l’assenza del mister da Napoli durante la sosta della nazionale e soprattutto l’esclusione dalla Champions ai danni del Bilbao che ha portato malumori in tutto lo spogliatoio, specialmente nel fuoriclasse Higuain, ancora a secco in campionato, nervoso ed indolente. Nonostante la sconfitta, a differenza di Roma e Juventus, il passaggio del turno non dovrebbe essere messo in discussione ma la debacle di Berna è comunque un qualcosa su cui riflettere e la corretta valutazione di alcuni elementi della rosa sarà fondamentale in vista del mercato di Gennaio.

Nel mezzo, tra le sconfitte di Roma, Juve e Napoli e le vittorie di Fiorentina e Torino troviamo il pareggio interno dell’Inter, in lenta, lentissima ripresa dopo la doppia sconfitta in campionato contro Cagliari e Fiorentina è arrivato il punto rocambolesco ottenuto proprio contro la compagine Partenopea e il noioso pari di ieri sera contro il Saint Etienne. La squadra di Mazzarri è apparsa ancora macchinosa e spuntata in avanti dove il solo Icardi è apparso pesantemente fuori forma, appesantito forse dai troppi match ravvicinati giocati dall’inizio alla fine mentre il centrocampo lento e prevedibile ha visto brillare il solo Guarin, che dopo il gol contro il Napoli appare in netta crescita e volenteroso di riprendersi un posto da titolare. L’Inter comanda agevolmente il girone F dell’Europa League e dovrà ben presto assorbire i risultati altalenanti e l’addio, non improvviso ma neanche cosi scontato, di Moratti che abbandona definitivamente il club lasciandolo nelle mani di Tohir, sostenitore di Mazzarri, il quale avrà l’obbligo di tornare a vincere già da Domenica contro il Cesena.

Chi abbandona il muso lungo avuto nell’ultima giornata di campionato è la Fiorentina che in coppa cambia faccia ed espugna anche l’infuocato campo di Salonicco battendo il PAOK per uno a zero grazie a Juan Manuel Vargas, bravo a farsi trovare pronto quando chiamato in causa, il Peruviano ha garantito insieme a Borja Valero la giusta dose d’esperienza unita alla freschezza di Ilicic e del bambino prodigio Bernardeschi. A garantire i 3 punti a Vincenzo Montella ci ha poi pensato una difesa insolita ma ben messa in campo e concentrata in cui Tomovic e Pasqual hanno guidato i nuovi Basanta e Richards ed in cui il portiere Rumeno Tatarusanu non ha fatto rimpiangere il titolare Neto. Grande soddisfazione per il tecnico Viola che nonostante il turn over mette una seria ipoteca sul passaggio del turno, con la possibilità di giocare le prossime gare in maniera più serena con l’obbligo di preparare al meglio il posticipo serale di Domenica al Milan, quando ritroverà Babacar dal primo minuto ma difficilmente potrà contare su Mario Gomez, ed è proprio questa la nota dolente dei Toscani che da due anni a questa parte hanno potuto avere solo un piccolo assaggio delle potenzialità che un attacco Rossi-Gomez potrebbe garantire e che la sfortuna e la fragilità di questi due ragazzi gli ha negato. L’unica consolazione è che ciò ha permesso ai due gioiellini, Bernardeschi e Babacar appunto, di acquisire minutaggio ed esperienza garantendo al club viola un attacco futuro di sicuro affidamento.

Chiudiamo con il volto sorridente di Giampiero Ventura che viaggia con il suo Torino a vele spiegate verso un Europa da protagonista, il club granata si libera senza troppi fastidi dell’Helsinki, arrivato in Italia senza troppe pretese e tornato al freddo Finlandese con un gol per tempo sulle spalle ed un passivo che poteva essere peggiore. La squadra del presidente Cairo sorprende e nonostante un girone non proprio di ferro passa al giro di boa senza aver ancora incassato reti, con 7 punti meritati e zittendo quanti la volevano ridimensionata dopo le partenze di Immobile e Cerci. Certo in campionato la situazione va migliorata e il dodicesimo posto in classifica sta stretto a Quagliarella e compagni che però hanno il grande merito di crederci e di godersi quest’avventura Europea con la spensieratezza e la legerezze di chi non ha nulla da perdere e ci tiene a far bella figura. Nell’ultimo match il ruolo di protagonista se lo è preso Amauri, che dopo aver trascinato il Parma alla conquista del sesto posto rischiava di perdersi la gioia e l’emozione delle notti Europee, per uno strano scherzo del destino e del volere di chi detiene il suo cartellino ha trovato però l’opportunità di giocare e segnare in Europa League con il Toro, regalando al suo pubblico, poco per la verità allo stadio, un’altra serata dal forte respiro continentale.

Dopo 3 giornate tutto è ancora in discussione ma quel che è certo è che siamo stati traditi in questa settimana dai nostri alfieri, da quelle tre squadre che dovevano rappresentarci al meglio in Champions ed Europa League ma che invece hanno fallito senza troppi alibi. Appena mettiamo il naso fuori dai nostri confini ci rendiamo conto che il calcio là fuori va ad una velocità maggiore della nostra, l’Europa corre ed in Europa si corre, sul campo e non solo, perchè si corre anche sul mercato e sulla costruzione e la valorizzazione di impianti di gioco all’altezza, il pubblico corre per andare allo stadio e riempirlo e noi arranchiamo, sempre più, aggrappandoci con la memoria al triplete di Mourinho, alla Juve di Lippi, alla Lazio di Cragnotti o al Milan di Ancelotti, ricordandoci di quant’era bello quando a comandare eravamo noi e gli altri ci correvano dietro.

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