La lingua italiana non vive un momento particolarmente brillante. L’impoverimento è evidente e sotto gli occhi di tutti. Le cause, però, sono molteplici e non sempre di facile analisi.
La principale potrebbe essere ricercata nella scarsa attenzione che l’italiano riceve quotidianamente all’interno della scuola. Negli ultimi vent’anni si è registrata una sempre più forte specializzazione tecnica dell’insegnamento. Dell’ascesa di nuove discipline pur importanti, come l’informatica, hanno evidentemente risentito le materie classiche e con esse lo studio approfondito della lingua, che fino agli anni novanta era stato un caposaldo della nostra istruzione nazionale.
Allo scadimento qualitativo della lingua e al suo abbruttimento ha contribuito profondamente anche la televisione. Con l’avvento e lo sviluppo della tv commerciale il linguaggio parlato in tv è diventato sempre più povero, poco ricercato, composto da un dizionario di parole scarno. Il bisogno di farsi comprendere a una larga parte del pubblico in maniera agevole ha amplificato questo bisogno da parte di conduttori tv, ospiti politici e giornalisti di utilizzare sempre meno parole e quasi sempre le stesse.
Ma non basta la tv a spiegare quel fenomeno che il linguista Luca Serianni, in un recente intervento, ha definito “banalizzazione”. Un altro fattore determinante è la diminuzione di ore che, soprattutto i giovani, dedicano alla lettura, di libri e giornali in particolare. Con una scelta sempre più ampia di modi in cui poter passare il proprio tempo, la lettura ha assunto un posto defilato nelle scelte operate dai giovani nell’impiego del proprio tempo libero.
L’utilizzo, poi, di sistemi di scrittura veloce come gli sms e le chat hanno da una parte reso pratica comune l’inserimento di moltissimi termini inglesi a sostituire i “gemelli” italiani esistenti, dall’altra hanno sintetizzato lo stile di espressione della lingua scritta, riducendo sempre di più vere e proprie frasi fino a farle diventare quelle che in gergo vengono definite emoticon.
Fin qui l’analisi di una situazione che sembra senza via d’uscita, gravata da una mancanza di interventi istituzionali e culturali volti al miglioramento della questione. Eppure, le contromisure ci sarebbero.
La bellezza della nostra lingua risiede proprio nella sua varietà e per fortuna in molti settori la ricchezza lessicale continua ad essere l’ago della bilancia. Quando si scrive un CV o una lettera ufficiale, ad esempio, l’uso dei sinonimi è fondamentale per fare una buona impressione e risultare convincenti. Per fortuna, ci si può aiutare con ottimi dizionari online, come ad esempio Woxikon, pronti a farci recuperare un po’ della bellezza della lingua italiana persa nel corso dell’ultimo ventennio. Il monito di fondo, però, rimane sempre lo stesso, trito ma sempre valido: leggere, leggere, leggere!