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Vivere di calcio una volta smesso di giocare? È difficile, molto difficile…

scarpini

La carriera di un calciatore professionista è molto breve, in media 10/15 anni al massimo. E se in questi anni non si è riusciti a “lasciare il segno”, difficilmente il mondo del calcio riserva un futuro in questo sport anche cambiando ambito e magari passando dietro a una scrivania o su una panchina.

Per citare qualche esempio, Davide Fontolan, ex centrocampista con centinaia di partite di Serie A alle spalle, oggi fa l’imprenditore e produce vini. Fa parte del 61,4% di ex calciatori professionisti che dopo aver smesso di giocare non opera a nessun livello nel mondo del calcio. È quanto emerge da “Fine primo tempo” – Analisi sul dopo carriera dei calciatori – un report dell’Aic Onlus e di studio Ghiretti che analizza il post carriera agonistica di 2611 calciatori professionisti attivi nella stagione 1992-1993. 

appesi gli scarpini al chiodo, continuare a vivere di calcio è molto difficile

Di questi solo il 10% tra loro ha lavorato continuativamente nel calcio professionistico negli ultimi tre anni e sempre secondo la ricerca, i tre quarti dei calciatori hanno conquistato un patentino abilitante (tra questi, il 97,5% per fare gli allenatori), ma solo il 38,6% risulta impiegato nel mondo del calcio e poco più del 16% a livello professionistico.

Chi calcava i campi nel 1993 (ad eccezione di Andrea Pierobon che ha giocato fino a 45 anni) ha smesso da tempo, ma se non si è riusciti a costruirsi una carriera nei primi 4-5 anni il rischio, si legge, è di uscire definitivamente dal circuito professionistico. Dati che non spaventano chi oggi gioca e si immagina da adulto ancora impegnato nel calcio. Una seconda ricerca del report si basa su questionari inviati a 499 calciatori professionisti in carriera (età media 25,5 anni) ed emerge che il 75,8% di loro spera in futuro di essere impegnato in qualche modo nel mondo del calcio. Quasi il doppio di quelli che a distanza di anni davvero lavorano nello sport, un numero alto soprattutto se si considera che tra questi il 55,1% non pensa a soluzioni alternative.

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