La posta elettronica certificata (Pec) non ha funzionato. Il futuro è di SPID, il nuovo pin unico che ci farà accedere a tutti i servizi della pubblica amministrazione digitando una password dal PC di casa. Di SPID, acronimo di Sistema pubblico di identità digitale, ha parlato il ministro della pubblica amministrazione Marianna Madia durante un question time alla Camera.
Ma a cosa servirà?
Con questo nuovo codice univoco gli italiani potranno identificarsi facilmente accedendo a tutti i servizi della Pubblica amministrazione, anche quelli che richiedono dati estremamente personali, come quelli sanitari. Si potranno pagare le tasse o ricevere i rimborsi dell’agenzia delle entrate, prenotare facilmente le analisi presso la Asl e scaricare i risultati sul computer di casa o sul telefonino, iscriversi a un concorso pubblico, etc…
Le imprese che adottano SPID sono esonerate da un obbligo generale di sorveglianza delle attività sui propri siti
Nel nuovo ddl di riforma della Pubblica Amministrazione c’è un capitolo intitolato “Carta della cittadinanza digitale“, ma al suo interno non vi è traccia della posta elettronica certificata. Lanciata nel 2009 sotto il governo Berlusconi, con ministro Renato Brunetta, la Pec aveva il compito di snellire le comunicazioni verso o dallo Stato. Dal 2013 lo scambio di informazioni tra imprese e pubblica amministrazione devono avvenire solo via posta elettronica certificata ma nonostante questo il numero delle caselle Pec non supera gli 8 milioni (7.978.341 a fine 2014). Dati certamente inferiori alle aspettative visto che questo strumento è rivolto a 50 milioni di persone.
L’insuccesso della Pec è in parte colpa delle pene pressoché inesistenti rivolte alle aziende che non si adeguano a questo nuovo standard. Quando il deputato Gian Luigi Gigli (Per L’Italia – Centro Democratico) ha sollevato il problema in Parlamento, il ministro Madia ha ammesso le difficoltà parlando di «difetti» della regolamentazione e soprattutto di «assenza di sanzioni efficaci».