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Esclusiva TB – Massimo Oddo: “Il calcio tedesco un esempio, può aprire un ciclo”

 

Una sola stagione in Bundesliga, nel 2008/2009, è bastata a Massimo Oddo per apprezzare i valori, la cornice e l’immensa crescita del calcio tedesco. Sarebbe stato impossibile non farlo soprattutto vestendo i colori del Bayern Monaco, il club che più di tutti rappresenta la Germania nonostante una stagione sfortunata e piena di intoppi. Oddo arrivò a Sabener Strasse seguendo l’esempio dell’amico e Campione del Mondo insieme a lui nel 2006, Luca Toni, attaccante che in Germania era reduce da una stagione strepitosa in cui aveva fatto innamorare i tifosi del Bayern. Per l’esterno pescarese, abituato a giocare con grandi campioni nel Milan con cui conquistò la Champions appena un anno prima, arrivò l’occasione di misurarsi in un calcio nuovo e pieno di ambizioni. Stadi e platee che Oddo conosceva bene, visto che 3 anni prima vi conquistò il trionfo più importante della sua vita alzando al cielo di Berlino la Coppa del Mondo. In una sera di luglio Rummenigge lo strappò alle grinfie del Lione (con cui Oddo era già in accordo) portandolo a Monaco e dandogli la possibilità di giocare insieme a Campioni e futuri campioni come Lahm, Ribery, Ze Roberto, Schweinsteiger, Kroos, Klose, Podolski e Lucio.  Con la solita passione e professionalità dimostrata in oltre 17 anni di professionismo, Oddo si ritagliò il suo spazio lasciando il segno anche all’Allianz Arena, stadio che dopo pochi mesi imparò ad amarlo. Seppur breve l’esperienza tedesca ha lasciato sensazioni molto positive nell’ex esterno della nazionale italiana, che alla redazione di Tuttobundesliga.it ha voluto raccontare le sue impressioni sul calcio tedesco e la sua ricetta per rilanciare quello italiano anche alla luce della sua nuova esperienza come tecnico del Pescara Primavera.

 

Sig. Oddo ci racconti la sua esperienza al Bayern, breve ma pr sempre in uno dei primi club al mondo

Esperienza positiva e che ricorderò sempre. Il Bayern Monaco è una società straordinaria, riesce a stare ad altissimi livelli puntando sui giovani e costruendosi in casa gran parte delle squadre. Per me è stato un onore anche perchè difficilmente in Germania si comprano giocatori stranieri eil fatto che i dirigenti del Bayern avessero puntato su di me mi inorgogliva. Io arrivai al Bayern che avevo 30 anni e già mi consideravano un vecchietto, roba che da noi sei un calciatore appena maturo. Nella rosa del Bayern eravamo in 20 più 5 aggregati che sia chiamavano Lahm, Schweinsteiger, Alaba, Muller e Kroos. Solo da questi nomi si capisce come il Bayern sia proiettato in avanti con programmazione e investimenti nel futuro”.

La ricorda con piacere anche se non fu una stagione vincente?

“L’unico rammarico è stato forse quello, ho avuto la sfortuna di giocare nel Bayern proprio nell’unica stagione in cui non si vinse nulla. Si vinse sia prima che dopo ma non in quella stagione (vinse il Wolfsburg in Bundesliga, ndr). Avevamo una squadra molto forte ma arrivammo secondi in campionato e uscimmo ai quarti contro il Barcellona, in quel momento la squadra più forte del pianeta. Anche il cambio di allenatore (Heynckes sostituì Klinsmann, ndr) influi abbastanza”. 

Come è stato giocare in Bundesliga? Mi riferisco a stadi, passione, pubblico, etc.. Si è trovato bene?

“Molto bene, le strutture erano e sono fantastiche. Avrò trovato al massimo 2 o 3 stadi al livello di quelli italiani. Erano 10 anni avanti già nel 2008 e si percepiva che di li a poso la Bundesliga sarebbe diventata  uno dei maggiori tornei al mondo. Mi piaceva anche il fatto che gli stadi fossero sempre pieni e si creava ogni volta un’atmosfera unica”. 

Gli italiani che sono andati in Bundesliga, come Donati, Caldirola e Immobile, hanno preso la strada giusta secondo lei?

“Penso di si. Molti di loro hanno già dimostrato il loro valore e in un campionato come la Bundesliga possono diventare ancora più bravi.  La visibilità è aumentata tantissimo e credo che siano tutti in rampa di lancio magari per confermarsi ad alti livelli. E’ comunque un’esperienza che consiglierei a tutti”

Il campionato sarà ancora un dominio Bayern?

Credo di si, la squadra è superiore a tutte le altre. Vedo che però stanno arrivando degli investimenti importanti e anche le squadre che sono dietro si stanno attrezzando sempre meglio. Nei prossimi anni prevedo un livellamento, un fattore che farà crescere ancora di più l’interesse verso questo campionato”. 

Lei ha seguito molto da vicino il Mondiale brasiliano. La Germania ha meritato il titolo?

“Penso che non ci siano dubbi su questo, vittoria meritatissima. Quello che mi ha impressionato è la qualità del gioco espresso perche è difficile vedere una nazionale giocare bene. Il loro progetto è partito 10 anni fa ed ha raccolto i frutti dopo qualche anno di secondi e terzi posti a volte immeritati”. 

La Germania può aprire un ciclo vincente come successe per la Spagna tra il 2008 e il 2012? 

“Credo di si. Il gruppo della nazionale è molto giovane e la filosofia è quella giusta. Un calciatore come  Muller per esempio ha solo 24 anni e potrà giocare almeno altri due mondiali da protagonista assoluto. Le basi per creare un ciclo ci sono tutte ma bisognerà seguire questa filosofia e questa programmazione”. 

Il modello del calcio tedesco può ispirare anche l’Italia? Qual’è la sua ricetta per rilanciare il nostro calcio?

“L’Italia deve seguire il modello tedesco, francese e belga. Per fare questo serve un grande aiuto da parte della Federazione perchè altrimenti non si arriva da nessuna parte. In Germania non è il Bayern Monaco che ha trovato la formula giusta per puntare sui giovani. E’ stata la Federazione a creare dei centri federali dislocati sul territorio, ad aiutare con fondi importanti le squadre più deboli dandogli la possibilità di investire nei settori giovanili. Cosa ancora più importante, la Federazione si assicura che questi investimenti vengano fatti sul serio”. 

La Federazione ha un ruolo centrale quindi? 

“Certamente si. Non solo per quanto riguarda l’investimento e la tutela sui giovani ma anche per la patrimonializzazione delle società di calcio. Bisogna dare la possibilità di costruire stadi e infrastrutture che diano valore ad una società. Senza di questo la società è come se non avesse valore e diventa difficile competere ad alti livelli ma anche progettare nel futuro. Sono degli interventi radicali ma che in breve tempo possono rilanciare il nostro calcio portandolo nuovamente al livello che le compete”. 

Nella sua nuova avventura come tecnico del Pescara primavera, si ispirerà al modello tedesco?

“L’obiettivo è quello di fare bene e di portare tanti giovani in prima squadra e nel calcio professionistico. Arrivo in una società che ha sempre puntato sui giovani. Non ha il trascorso e le possibilità economiche delle grandi società ma può fare bene. In Italia squadre come Empoli o Roma per fare un esempio, portano molti giovani in prima squadra e questa è la dimostrazione che anche da noi si può fare bene. Cosa ancora più importante, in società non si guarda al risultato ma alla crescita globale dei ragazzi e del settore giovanile. Sono molto entusiasta di questa nuova sfida e ci sono le premesse per fare molto bene”. 

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