Possiamo definire la paura come una reazione intensa e derivante dalla percezione di un pericolo interno o esterno, reale o immaginario; la paura appartiene alla gamma delle emozioni primarie e prevalentemente istintive dell’uomo e degli animali ed è funzionale alla sopravvivenza dell’individuo e della specie davanti ad una situazione di presunto o vero pericolo. Essa si accompagna a reazioni fisiologiche caratteristiche di un atteggiamento di difesa di sé, quali un’accelerazione del battito cardiaco, un afflusso del sangue verso i muscoli scheletrici quali quelli delle gambe per permettere una fuga se necessaria ed un contemporaneo pallore del volto, con la cosiddetta sensazione che si geli il sangue.
Nello stesso tempo, il corpo si immobilizza per un breve attimo, apparendo come congelato, probabilmente per valutare, da parte del soggetto, se sia meglio di fronte allo stimolo percepito e che ha suscitato tale reazione, andare a nascondersi oppure affrontare il pericolo in modo diretto, ad esempio combattendo. In questi momenti vi è l’attivazione, come spiega bene Goleman nel suo libro “L’intelligenza emotiva”, di specifici circuiti cerebrali preposti alla regolazione della vita emotiva, attraverso i quali vi è la liberazione di determinati ormoni, fattore che predispone l’organismo ad un generale stato di allerta al fine di valutare la minaccia incombente e la risposta migliore da emettere.
La paura è una delle emozioni fondamentali con cui nasciamo e che ci serve per strutturare il mondo e la nostra vita. Se da una parte è fondamentale provare l’emozione della paura al fine di non correre molti evitabili rischi, dall’altra è necessario non lasciarsi invadere dalla stessa, cercando di individuare e rinforzare i modi in cui la si può contrastare. Se la paura diventa eccessiva ed invadente, la persona che la prova, può pensare e sentire di non avere via d’uscita dalla situazione in cui si trova arrivando a provare terrore e sviluppando un senso di impotenza e, a livello clinico, come conseguenza, talvolta, possibili attacchi di panico.
Quando invece abbiamo la sensazione di essere in grado di controllare la situazione potenzialmente pericolosa, la nostra paura diminuisce e lascia spazio alla razionalità che rendendoci capaci di utilizzare il nostro pensiero in modo efficace, ci permette di trovare delle soluzioni. Quindi è evidentemente fondamentale che il bambino impari fin da piccolo come affrontare la paura e che vi sono molti modi diversi ed utili per farlo. Il bambino inizialmente, si affida alle sue figure di attaccamento, per arrivare pian piano crescendo, ad imparare a dover contare su sé stesso.
Le persone che durante le varie fasi di sviluppo e dell’attaccamento – perché sono state poco seguite o abbandonate – hanno saltato questo passaggio, imparano meno ed in maniera distorta ad affrontare le proprie paure e sono più soggette ad alcuni disturbi psicologici quali, appunto, gli attacchi di panico ed alcune forme fobiche e depressive. Prendendo spunto dalla letteratura antica, possiamo distinguere tra coraggio fisico per il quale possiamo riferirci alla figura di Achille ed il coraggio razionale, riferibile invece ad Ulisse, che nell’Odissea, quando si trova nella grotta di Polifemo, accetta che il Ciclope mangi alcuni dei suoi compagni senza farsi travolgere dal panico perché egli ha elaborato appunto, una sua strategia per affrontare con efficacia il pericolo. Per l’evoluzione dell’uomo e della sua coscienza, è necessario che la paura sfoci nel coraggio che non significa incoscienza ma capacità di valutare la situazione e prendere una decisione appropriata ad affrontarla se necessario, nell’immediato, oppure rimandando ad un momento successivo e più adeguato per reagire.
La paura assume forme differenti e tipiche a seconda dell’età dell’individuo anche se questa emozione ha la sua radice primaria ed essenziale nella paura dell’uomo per la morte. Appena nato il bambino ha paura dei rumori forti ma poiché proviene da un luogo buio, il grembo materno, egli non ha ancora sviluppato questa paura, mentre intorno ai tre anni la paura di stare al buio inizierà a manifestarsi data la sua percezione dell’esistenza di un ritmo luce/buio che gli farà percepire il suo scarso controllo sulla realtà circostante. Infatti, il bambino, non ha paura “del” buio ma di stare “nel” buio. Intorno a due/ tre anni, egli non possedendo ancora una fantasia che gli permette di rappresentarseli, non teme ancora, generalmente, i mostri mentre a quattro e cinque anni, comincia a temere l’uomo nero ed i fantasmi, i mostri, ecc.
A cinque, sei anni, il bambino inizia a rendersi conto di sentir parlare di morte ed a farsene una prima idea soprattutto se deve affrontare la morte di un familiare, come ad esempio, un nonno o di un animale di famiglia come un cane o un gatto. Verso i sette, otto anni, il bambino teme le punizioni e gli incidenti. L’adolescente ha soprattutto paure inerenti il rapporto con le altre persone e con l’altro sesso; egli diventa, se lo sviluppo procede regolarmente più autonomo e si trova ad affrontare una serie di situazioni sociali diverse per le quali deve ancora acquisire delle competenze specifiche attraverso l’esperienza per cui, una delle sue paure fondamentali è quella di fare brutta figura con gli altri ed i propri compagni in particolari. Per alcuni adolescenti, la paura di fare brutta figura può diventare particolarmente invalidante, fino a fargli sviluppare delle fobie, come la fobia sociale o quella di parlare in pubblico, per cui ci potranno essere adolescenti molto studiosi che vanno male a scuola perché non riescono a parlare davanti ai professori ed ai compagni se interrogati anche se sono molto preparati.
Ciò produce in loro un abbassamento dell’autostima e del senso di autoefficacia cioè della sensazione gratificante di essere capace di portare a compimento un determinato compito con successo, ciò che gli procurerebbe invece, un feedback positivo e li spingerebbe a perseguire ulteriormente i propri obiettivi, aumentando in essi la sensazione di autoefficacia e di capacità di controllo di sé e sulla realtà. Questi ultimi due fattori, incidono a loro volta positivamente sull’acquisizione di maggiori competenze personali e sociali e sulla capacità di affrontare razionalmente le proprie paure senza ingigantirle, come può avvenire invece in chi non vi riesce. Per queste persone, al fine di rientrare in contatto con le proprie risorse interne e di diventare più efficaci nell’affrontare la paura, può essere utile talvolta, un percorso di psicoterapia e di psico educazione ad esempio di gruppo, come anche, in certi casi un social skills training.