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Datagate, una rete europea per spiare telefoni e web

Il Datagate è sicuramente uno degli scandali più cruenti della storia del web, il quale sta portando a galla numerose missioni di spionaggio top secret effettuate su gran parte della popolazione mondiale. Ovviamente l’Europa rientra negli obbiettivi. Dopo avervi riportato la notizia di alcune sedi della NSA presenti nel vecchio continente, tra cui una anche a Roma, oltre alle varie missioni di spionaggio verso i leader politici più importanti, torniamo a parlare dello scandalo Datagate, del quale sono stati riportati alcuni importanti e fondamentali nuovi dettagli. Gli americani infatti, non sono i soli cattivi di questa storia sempre più misteriosa.

A riportare l’indiscrezione ci ha pensato, come al solito, il ‘The Guardian‘, il quotidiano inglese che ha costruito le sue fortune su WikiLeaks e ora con gli scoop sul Datagate. E’ di nuovo Edward Snowden la fonte privilegiata del giornale, l’esperto informatico e hacker, ora in esilio in Russia e seguito dagli Stati Uniti, nucleo di tutto lo scandalo. Il ‘The Guardian infatti, ha riportato che anche in Europa, da Berlino a Parigi, da Madrid a Stoccolma, l’intelligence non scherza. Secondo le nuove indiscrezioni esisterebbe proprio una cooperativa basata sullo spionaggio, che comprenderebbe paesi del calibro di Germania, Francia, Spagna, Gran Bretagna e Svezia.

I sistemi di controllo sarebbero molto sofisticati, sfruttano fibre ottiche e appoggi nelle grandi aziende di comunicazione, roba da fare invidia agli americani, e le leggi aggirate senza troppi scrupoli. Insomma, uno scandalo in grande stile. La rete svelata dalle informazioni sottratte da Snowden si sarebbe sviluppata 5 anni fa e prevedrebbe un monitoraggio delle comunicazioni telefoniche e di Internet effettuato sia con intercettazioni dirette sia sulla base di relazioni segrete con le compagnie di comunicazione.

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L’alleanza, definita dal ‘The Guardian’ elastica ma crescente, avrebbe così permesso all’intelligence di un paese di coltivare “legami” con le compagnie di un altro paese per facilitare quella che i documenti definiscono una “pesca a strascico” di dati sul web. Pesca nella quale la britannica Gchq avrebbe avuto un ruolo guida nel consigliare i partner su come aggirare le leggi nazionali che restringono i poteri di sorveglianza dell’intelligence.

Ma gli italiani in tutto questo dove sono? Beh, non ci sono. Il perché è presto spiegato: siamo troppo litigiosi e incapaci o non disposti a collaborare tra di noi, a dispetto dell’intelligence degli altri paesi coinvolti nella rete. Insomma, siamo come degli adolescenti un po’ scalmanati accanto a manager in giacca e cravatta. Ovviamente, gran parte della colpa, è riservata alle nostre leggi, secondo alcuni documenti, severe e con pochi buchi dove passare:

“Gli italiani sembravano entusiasti ma ostacoli legali potrebbero aver impedito loro di impegnarsi, sono più garantisti, non sono disponibili ad andare al di là di quanto previsto dall’ordinamento”.

Insomma, per una volta, almeno l’Italia, si trova dalla parte giusta, ma il resto dell’Europa no.

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