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Come i droni stanno cambiando il mondo

Una delle tecnologie più importanti degli ultimi anni sono sicuramente i droni, economici, intelligenti e utili per migliaia di operazioni, da quelle militari a semplici aiutanti. Ma sono veramente il futuro? E’ una domanda che ci siamo posti e su cui abbiamo indagato.

La nostra indagine parte da una storia teologica che vede come protagonisti Davide e Golia. Una storia molto particolare, che tratta di un ragazzo che affronta un grande, gigante e possente uomo. Pensate a Davide, che si trovò davanti un tale così potente, armato fino al collo con un’elmo di bronzo e un pesante martello, mentre lui poteva vantare solo un bastone e una piccola fionda. Davide si avvicinava, Golia si infuriò minacciandolo con tono sprezzante e sicuro. Poco dopo, come tutti sanno, Davide abbatté il presuntuoso gigante con un unico colpo di fionda, lasciandolo steso in terra. Questa storia rallegra il cuore di tutti i derelitti del mondo, perché si basa sulla morale che è sempre meglio avere la fortuna e il destino dalla propria parte. Ma se eliminiamo l’elemento teologico, quel che resta è una parabola sulla tecnologia e il progresso.

La fionda, una piccola arma leggera, che sfrutta un semplice principio della fisica per imprimere una forza letale ad un’oggetto che poi verrà, di conseguenza, lanciato ad una grande distanza; innovazione capace di annullare completamente le minacce e i vantaggi di un gigante. L’arma di Davide, come tutti i progressi dell’arte della guerra, era fondamentalmente sleale. Chiunque sia stato in guerra vi confesserà che l’ultima cosa che si vuole è lo scontro leale. E’ esattamente il contrario, e la tecnologia serve proprio a questo, per far si che chi ne è in possesso possa beneficiarne al meglio, senza nemmeno troppi sforzi. Dai tempi di Golia infatti, la tecnologia ha rivoluzionato gli equilibri delle battaglie.

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Nel corso della storia questa idea si è fatta sempre più vera, anche e sopratutto grazie all’avanzamento delle tecnologie, che ad oggi possono realizzare ogni cosa immaginabile dalla mente di un’essere umano. Oggi ci troviamo quindi a parlare dei droni, l’ultima trovata tecnologica e militare che sta cambiando il mondo e il modo di vedere le guerre, con la possibilità di essere comandati a distanza e in grado di sferrare colpi ancor più mortali e decisivi delle armi nelle mani dei soldati o di quelle atomiche. Diversamente dalle armi atomiche, i droni non sono il risultato scientifico all’avanguardia costato milioni e milioni di dollari, non essendo neanche del tutto una novità. Il primo drone era un aliante radiocomandato con il motore di una slitta montato al di sopra di esso.

I sistemi di comunicazione che collegano gli aerei senza pilota con i centri di controllo a migliaia di chilometri di distanza sono stati perfezionati molti anni fa dalle reti televisive. Sembra addirittura che l’aviazione statunitense abbia chiesto consiglio all’emittente ESPN. Mettendo insieme queste tecnologie così potenti e diverse si ottiene un’arma capace di trovare e uccidere una persona in qualsiasi angolo del mondo. Gli attacchi con i droni sono una cosa molto diversa dalle bombe atomiche che radono al suolo le città. Ma anche se la scala dell’attacco è ridotta, l’orrore della guerra non diminuisce. Al contrario, il fatto di individuare un singolo essere umano e procedere a un’esecuzione sommaria da lontano rende tutto ancora più spaventoso, perché ognuno di noi potrebbe ricevere un tale attacco, anche mentre si sta leggendo questo articolo davanti al suo computer.

Raven-Drone

Un giorno di gennaio del 2013, nel sud dell’Afghanistan, una piccola pattuglia di marine sta camminando al tramonto su una strada, lontano da Kandahar. I soldati procedono ai lati della carreggiata per evitare eventuali bombe nascoste nel terreno sotto di loro. Improvvisamente però, finiscono sotto attacco. Si sparpagliano per mettersi al riparo. Vedono un vecchio pickup dirigersi verso di loro, nel frattempo sentono partire raffiche da quella che sembra essere un’arma pesante. A migliaia di chilometri di distanza, al sicuro e al calduccio, un soldato di diciannove anni è seduto davanti a un grande monitor a colori e guarda le immagini ad altissima definizione di quello che sta accadendo. Non è mai stato su un campo di battaglia, ha frequentato il corso di addestramento appena terminati gli studi, ed è uno dei pochi soldati selezionati per pilotare un Predator. E’ la prima volta che si trova nella cabina di comando, che consiste essenzialmente in un joystick e una serie di schermi, molto simile ad una qualsiasi console da gioco.

Purtroppo però, non sta giocando a Battlefield o a Call of Duty, bensì sta pilotando un vero e proprio drone militare, utile per uccidere i nemici. Gli è stato dato l’ordine di rimanere calmo e di non farsi prendere dal panico, poichè nessuno si aspettava succedesse qualcosa, ma invece quel qualcosa sta succedendo. Il giovane pilota fa uno zoom sul veicolo in arrivo e nota una mitragliatrice calibro 50, più devastante di un qualsiasi Golia. Il colonnello che si trova alle sue spalle lo incita a fare qualcosa per salvare i soldati, chiedendo di mettere ancor più a fuoco il veicolo. Premendo un bottone sulla leva di comando il ragazzo fa comparire sullo schermo un reticolo, una griglia che mostra le esatte coordinate sul terreno, la distanza, la direzione, il raggio di azione e così via. Dopo averlo individuato correttamente inizia a seguirlo.

MQ-1 Predator

Nel frattempo il colonnello lo incita ad essere pronto, aiutando i propri fratelli appena ce ne fosse il bisogno. Poco dopo sulla griglia appare il raggio di azione di un missile Agm-114 Hellfire. Il drone ne ha due in dotazione, quindi il colonnello si mette in contatto con i militari avvertendoli di allontanarsi dal pickup. Il pilota esamina attentamente il veicolo. Chiunque abbia avuto la possibilità di vedere delle riprese video di un attacco aereo ha solo una vaga idea degli strumenti ottici di cui dispongono l’esercito e la CIA. Ad un tratto, dalla radio, si sentono i marines che iniziano a chiedere aiuto. Il colonnello, ovviamente, ordina: “spara”. L’Hellfire è un missile anticarro da cinquanta chilogrammi, progettato per distruggere un veicolo corazzato. Il colpo parte e quando il fumo si dirada, sulla strada, rimane solo un cratere. Nella sala di controllo inizia una festa, tutti si abbracciano e ridono, contenti di aver scampato il pericolo, ma forse c’è poco da essere contenti, poiché delle vite hanno lasciato il pianeta.

Una delle accuse che viene lanciata contro questa nuova tecnologia è proprio il fatto di essere spietata. Secondo John Brennan, gli effetti collaterali sono stati esagerati. A giugno del 2011, l’attuale direttore della CIA, ha dichiarato che i raid dei dodici mesi precedenti non avevano prodotto nessuna vittima innocente. Ovviamente, quasi nessuno gli ha creduto. Più tardi, lo stesso Brennan, si è corretto dicendo che in dodici mesi gli stati uniti non avevano trovato nessuna prova attendibile del fatto che fossero rimasti uccisi dei civili negli attacchi fuori dall’Afghanistan e dall’Iraq. Un’interpretazione data a questa affermazione è che i droni sono precisi solo quanto lo sono le persone che li guidano e, anche se sono macchine perfette, è eccessivo pensare che lo siano anche quelli che li utilizzano.

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Le testimonianze della stampa locale, su molti degli attacchi, hanno denunciato la morte di donne e bambini. All’estremità troviamo la propaganda americana che, al contrario, pubblica regolarmente stime che fanno sembrare la guerra dei droni al limite del genocidio. Queste cifre americane alimentano la polemica sugli attacchi, che equipara le operazioni del governo statunitense agli atti di terrorismo. In due degli ultimi attacchi terroristici eseguiti da estremisti islamici, le bombe alla maratona di Boston e la decapitazione del soldato a Londra, i responsabili hanno giustificato le loro azioni dicendo che erano ritorsione per la morte di mussulmani innocenti. In opposizione a tali giustificazioni troviamo proprio lui, Mr CIA, secondo cui gli attacchi non hanno provocato vittime civili. Purtroppo però, la verità non si saprà mai.

Cinque miti sui droni

La guerra al terrorismo è presentata dal governo degli Stati Uniti come un’offensiva militare e d’intelligence su un campo di battaglia globale. Ma è anche una guerra combattuta sul terreno della propaganda, sopratutto quando si parla degli omicidi con i droni. Ecco, quindi, cinque miti diffusi dal Pentagono e dai produttori di armamenti per giustificare l’uso di droni e la politica di assassini mirati della Casa Bianca.

I droni uccidono solo terroristi

Nel maggio del 2009, all’inizio del mandato di Barack Obama, David Kilcillen, l’ex consigliere per il terrorismo di David Petraeus, ha scritto sul New York Times, che solo il 2% delle vittime dei droni erano esponenti di spicco di Al Qaeda. Kilcullen calcolava che per ogni “obbiettivo di alto valore” di Al Qaeda colpito erano stati uccisi 50 civili. Lo scorso aprile un’inchiesta dell’ABC, condotta sulla base di documenti segreti della CIA, ha rilevato che un militare su quattro ucciso in Pakistan tra il settembre 2010 e l’ottobre del 2011 è stato classificato come ‘combattente ignoto’. Vuol dire che, per sua stessa ammissione, nel 25% dei casi la CIA non ha idea di chi ha ucciso. A questo si aggiunge il fatto che tutti i maschi in età per combattere, uccisi durante gli attacchi, sono automaticamente considerati militari. Quindi il margine d’errore è enorme.

I droni sono precisi

La retorica del Pentagono sulla precisione millimetrica dei droni non poggia su basi concrete. Larry Lewis, un ricercatore del Center for navali analyses, ha studiato i dati relativi all’Afghanistan e ha scoperto che gli attacchi dei droni non sono più precisi delle offensive con gli aerei tradizionali. Nonostante tutti i discorsi sulla capacità di individuare i nemici grazie ai sistemi di sorveglianza molto sofisticati, i droni sono precisi proprio come gli aerei pilota. Inoltre bisogna considerare che lo studio di Lewis fa riferimento solo ed esclusivamente all’Afghanistan, dove l’esercito statunitense impiega enormi risorse nella selezione degli obbiettivi e nella valutazione delle conseguenze degli attacchi. In Pakistan e in Yemen la situazione è molto meno chiara, quindi è probabile che i droni abbiano causato un maggior numero di vittime tra i civili.

I droni colpiscono chi minaccia la sicurezza degli Stati Uniti

Il Pentagono vuole far passare l’idea che le liste degli obbiettivi da eliminare siano frutto di un’accurato processo di selezioni dei terroristi, i quali potrebbero rappresentare una minaccia immediata per gli Stati Uniti, ma l’esperienza dei ‘signature strikers‘ smentisce la tesi sostenuta dall’esercito. Si tratta di attacchi che vengono condotti in base all’attività che un individuo sta svolgendo e non perché se ne conosce l’identità. E’ impossibile sapere di che attività si tratti, ma sappiamo che dopo l’introduzione dei ‘signature strikes’ il numero degli attacchi con i droni è notevolmente aumentato e, ovviamente, anche quello delle vittime. Inoltre, alcuni recenti rapporti hanno rivelato che l’autorizzazione originaria per gli attacchi con i droni in Pakistan è arrivata dall’ex presidente Pervez Musharraf, che ha lasciato il potere nel 2008. E’ probabile che Musharraf avesse chiesto una mano per eliminare i suoi nemici in cambio del consenso sugli attacchi dei droni. Invece di concentrarsi sui nemici degli Stati Uniti, la CIA ha collaborato con i servizi segreti pachistani all’uccisione di persone che non rappresentavano una minaccia per gli Stati Uniti.

I droni sono economici

Mettendo da parte i dubbi morali, giuridici e politici sull’uso dei droni, resta la questione economica. I politici e i costruttori di armamenti continuano a sottolineare il costo relativamente basso delle operazioni: tra i 4 e i 5 milioni di dollari per drone. Secondo Winslow Wheeler, del project on government oversight, “la cifra non è corretta”. Il costo reale per un’unità operativa di quattro droni Reaper è di 120,8 milioni di dollari. Molto più dei 27,2 milioni necessari per acquistare un F-16C e dei 18,8 milioni per un A-10.

I droni rendono più sicuri gli Stati Uniti

Anche questo quinto mito sui droni è falso. I droni non stanno solo destabilizzando una potenza nucleare come il Pakistan, in una delle regioni più insicure del mondo, ma stanno anche provocando ondate di attacchi suicidi. La minaccia rappresentata da questi attacchi riguarda anche gli Stati Uniti, perché è sinonimo dell’aumento dell’estremismo su scala mondiale. Persone che si identificano con la diaspora musulmana vedono i loro parenti uccisi in modo brutale dagli americani. Gli attentatori della maratona di Boston sono solo l’ultimo esempio di questo processo che, purtroppo, seguiterà a manifestarsi.

In conclusione

Il progresso è sempre straordinario, poiché porta nella realtà di tutti i giorni e nelle mani di ognuno di noi oggetti sino ad allora solamente immaginati, che migliorano la vita delle persone. E’ questo il principio della tecnologia e dell’innovazione; principio che però non viene assolutamente preso in considerazione in tale argomento, rendendo la tecnologia un’arma da sfoggiare per minacciare chi si vuole, quando si vuole e per il motivo che si preferisce. Questo articolo è frutto di un’accurata ricerca di alcune settimane, basata su un’innovazione, apparentemente affascinante e incredibilmente futuristica, la quale però è tutt’altro che un progresso, rischiando di diventare un vero regresso della specie umana.

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