Sarà che sono di parte, ma le notizie riguardanti l’hi-tech e la medicina assieme mi mandano sempre su di giri. Cathy Hutchinson, un nome che a molti non dirà niente, è quello della donna ritratta nell’immagine soprastante che, paralizzata da più di 15 anni, è riuscita a muovere un arto con la semplice forza del pensiero.
In realtà parlare di “forza del pensiero” è un po’ riduttivo: le cose infatti non stanno proprio così. I movimenti che chiamiamo volontari sono quelli che vengono generati nella corteccia cerebrale principalmente a livello della circonvoluzione pre-rolandica (area 4 di Broadmann – o “motoria primaria”) e vengono integrati e modulati successivamente in particolari stazioni sottocorticali (elencherei anche i loro nomi, ma finirei per annoiarvi e soprattutto non vi servirebbe a capire meglio l’esperimento in questione).
Alla paziente Cathy Hutchinson sono stati impiantati degli elettrodi nella corteccia cerebrale posizionati proprio a livello dell’area 4 sopramenzionata. Tali elettrodi sono stati collegati ad un decoder in grado di trasformare le differenze di potenziale rilevate in impulsi per il braccio meccanico. A mio parere è stato integrato pure del software in grado di modulare il comando emulando l’azione di formazioni quali ad esempio i nuclei della base e il cervelletto.
Chi è un po’ dentro a certe tematiche capirà immediatamente l’entità del lavoro di ricerca in quanto sono state “recuperate” sia le vie piramidali che le extrapiramidali e il risultato è stato quello di raggiungere un buon livello di motilità degli arti sia prossimamente (nelle parti più vicine al corpo), sia distalmente (nelle parti terminali degli arti ed in particolare a livello delle dita).
La strada è ancora lunga – questo va detto – ma in futuro grazie all’ingegneria biomedica sarà possibile anche per i paralizzati muovere nuovamente i loro arti.
fonte | YouTube