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La “Rivoluzione Tedesca”: dietro al Bayern ecco la provincia piena di giovani e talento

Hoffenheim - Lipsia

Ci sono luoghi dove parole come progetto, attesa, giovani, talento e competenza, trovano una loro reale dimensione. La Bundesliga in questo, continua ad essere da traino (e speriamo anche da esempio) per tanti altri campionati europei. In passato si era assistito (vedi Kaiserslautern 1998) a belle favole calcistiche che erano riuscite miracolosamente a sovvertire i parerei del pronostico in stile Leicester. Poche volte però, si era assistito alla “vittoria” della competenza e del “made in Germany”, situazione che sta letteralmente invertendo le gerarchie del massimo campionato tedesco ma che soprattutto sta portando alla ribalta un modello calcistico di indubbia qualità. Stiamo assistendo ad una e propria Rivoluzione tedesca, molto più grande di quella messa in atto dalla Federazione dopo la debacle di EUR0 2004.

Dietro alla corazzata Bayern Monaco, gigante dei fatturati (oltre 530 mln di euro a stagione) ma anche della competenza calcistica, avendo la fortuna di avere ai suoi vertici tre grandi ex calciatori (Beckenbauer, Hoeness e Rummenigge) che oltre alla finanza hanno capacità sportive fuori dal comune, ecco spuntare una folta schiera di squadre di “provincia” piene di talento e di progetti ad alto tasso di lungimiranza.

RBLipsia, avere tanti soldi e saperli spendere – Il progetto sportivo del RBLipsia, è osteggiato e “combattuto” da gran parte dei tifosi tedeschi. La “colpa” del Lipsia, è quella di avere alle spalle una delle multinazionali più importanti del mondo che è riuscita in appena 7 anni a portare la squadra dai dilettanti fino alla Bundesliga. Se il progetto sportivo può essere criticato o no, su quello tecnico credo che nessuno può esimersi dall’applaudire il lavoro meraviglioso del dg Rangnick e del tecnico Hasenhuttl. Il patron della Red BullDietrich Mateschitz, ha sempre sostenuto di essere entrato nel calcio pregare la differenza e non per regalare soldi o creare carrozzoni mediatici. le sue parole sono state recepite subito da Rangnick, che ha deciso di allestire una squadra con i migliori under 23 di Germania e d’Europa. L’obiettivo è quello di crescere nel tempo, ricavando soldi dalle plusvalenze e costruendo un progetto sportivo valido con calciatori cresciuti nel club e “felici” di giocare per la società che li ha fatti diventare grandi. Risultato? Il RBLipsia è la migliore neo promossa di sempre in Europa, imbattuta dopo 9 giornate di campionato, seconda in classifica a -2 dal Bayern e con mezzo mondo innamorato delle sue giovani stelle. Gli investimenti non sono stati bassi ma, a differenza di altre squadre, sono stati intelligenti. Il Lipsia ha speso 50 mln di euro, di cui ben 22 dirottati sulla “consorella” RBSalisburgo. Il bello però, è che i 7 acquisti arrivati in estate abbiano un’età media di 21,6 anni, a dimostrazione del tipo di progetto messo in piedi da Rangnick. Il solo Oliver Burke, 19 anni, è costato 15 mln di euro. Su di lui sono riposte le speranze della società che lo vuole far diventare uno dei più forti attaccanti al mondo. Per non parlare di Timo Werner, golden boy del calcio tedesco che può già vantare 103 presenze in Bundesliga a soli 20 anni di età. Come far decollare questo progetto? Metti alla guida della squadra un tecnico giovane e di grande qualità come Ralph Hasenhuttl, capace di portare in Bundesliga per la prima volta nella storia una piccola squadra come l’Ingolstadt, e riuscendola a salvare la stagione seguente con un calcio spumeggiate che l’ha portata ad un passo dall’Europa League. A questo punto il puzzle è completo: una squadra piena dei migliori giovani di Germania e d’Europa (Orban, Klostermann, Halstenberg, Demme, Selke, Puolsen, Forsberg per fare dei nomi), un tecnico capace e un’entusiasmo alle stelle con oltre 30.000 spettatori a partite alla Red Bella Arena. Molti dicono che il Lipsia possa ripetere le gesta del Kaiserslautern del ’98. Forse è troppo, considerando la forza del Bayern Monaco attuale, però di sicuro fino alla fine del campionato assisteremo a qualcosa che in Germania non si era mai visto.

Hoffenheim e Nagelsmann, cambiare col “Made in Germany” – Negli ultimi anni l’Hoffenheim ha deciso di cambiare drasticamente la sua filosofia. Nei primi anni di Bundesliga il club voleva assolutamente colmare il divario con le grandi di Germania a suon di grandi colpi di mercato. Il risultato è stato buono all’inizio (qualificazione in Champions e in Europa League) ma disastroso nel finale, con due salvezze acciuffate all’ultimo respiro di cui una nel Relegation. Troppi stranieri (di cui la maggior parte pescati in sudamerica), zero appartenenza al club e una piazza “fredda” che non gradiva questo modo di fare calcio. A questo punto il patron Dietmar Hopp, uno degli uomini più ricchi del mondo, ha deciso di trasformare l’Hoffenheim in “qualcosa di diverso” riscoprendo il “made in Germany”, la stessa filosofia che ha fatto grande la sua azienda, la SAP. Ecco arrivare un ds giovane com Alexander Rosen, capace di vendere i gioielli migliori del club a prezzi da capogiro, come Firmino spedito al Liverpool per 41 mln di euro. La scelta più azzeccata di Rosen, è stata però quella di portare in prima squadra Julian Nagelsmann, tecnico di soli 28 anni, che un anno e mezzo fa allenava la Under23 biancoblù. Pazzia? Azzardo? No, perchè Nagelsmann è un “visionario” e un predestinato. Senza paura ha preso la squadra ultima in classifica nella passata stagione e l’ha portata alla salvezza con un calcio champagne. In questa stagione ha chiesto (e ottenuto) una squadra giovane e tedesca, portando l’Hoffenheim a giocare con ben 9/11 tedeschi come non accadeva da oltre 10 anni. Il risultato è il terzo posto in classifica e un’imbattibilità dopo 9 partite di campionato che mai era riuscita nella storia della società di Sinsheim. Come accaduto per il Lipsia, l’esser giovani e tedeschi ha creato un senso di appartenenza al club che mai c’era stato prima. A questo uniamo la qualità di Nagelsmann, tecnico destinato a grandi palcoscenici. Crescita lenta, sviluppo del vivaio e cura del bel gioco. In una parola, la Bundesliga.

Colonia, passione e tradzione – Dopo tanti anni riecco spuntare il Colonia nelle zone alte di classifica. Era passato troppo tempo infatti, con l’ultimo titolo biancorosso arrivato nel 1983 con la vittoria della Coppa di Germania. Non è un caso però, perchè il progetto delle “caprette” ha radici lontane. Dopo il ritorno in Bundesliga, nel 2014, la società ha chiesto tempo ai suoi esigenti tifosi, portando in Germania Peter Stoger, tecnico austriaco capace di vincere tutto quanto con l’Austria Vienna dei “miracoli”. Stoger al suo arrivo a Colonia ha saputo fin da subito creare entusiasmo, avvicinandosi ai tifosi e parlando del Colonia come se fosse il Real Madrid. La città lo ha adottato dandogli tempo di crescere e creare il suo progetto fatto di tanto lavoro e affidato a un gruppo solido e con pochi cambiamenti. La società ha così centrato una salvezza difficile il primo anno, una salvezza più tranquilla il secondo anno (sfiorando l’Europa League) e nel 2016 è partita per alzare ancora l’asticella. Il tutto lasciando quasi intatto il gruppo, a cui Stoger ha aggiunto ogni anno un tassello di qualità. Il più azzeccato è stato senza dubbio Anthony Modeste, attaccante che a Colonia si è sentito apprezzato e valutato, una piazza che lo ha fatto esplodere definitivamente a quasi 29 anni. Il club nel frattempo è cresciuto anche fuori dal campo, facendo registrare un fatturato record di 108 milioni di euro, cifra mai raggiunta dal club. Società sana, squadra pressoché invariata da tre anni e voglia si crescere gradino per gradino. Questi sono gli elementi che possono fare di un piccolo club, un grande club. Lungimiranza, acquisti mirati e solidità del gruppo. Il risultato è la miglior partenza di sempre da oltre 30 anni a questa parte. Non solo numeri però, perché il progetto Colonia trasmette la sensazione di essere un progetto duraturo nel tempo grazie alla solidità delle sue basi.

Hertha Berlino, la capitale si riscopre grande – Un progetto molto simile a quello del Colonia è stato attuato in poco tempo dall’Hertha Berlino. In questo caso, visto che si parla della capitale della Germania, è difficile parlare di provincia. I risultati però non mentono, visto che il club non vince nulla da tempo immemore. Il ds Preetz, ex stella del club, ha parlato subito chiaro a tifosi e soci: “Non siamo il Bayern Monaco e non possiamo permetterci stelle. Possiamo crescere solo grazie al lavoro di tutti”. Messaggio recepito, soprattutto dai tifosi, che in oltre 45.000 seguono il club all’Olympiastadion. Preetz ha voluto cementare il rapporto tra fan e squadra, mettendo alla guida un tecnico giovane e innamorato del club come Pal Dardai, ex attaccante dell’Hertha che in passato arrivò persino a regalare 50.000 litri di birra ai propri tifosi. Dardai è diventato subito il condottiero del club, riportando nell’Hertha quello spirito guerriero e battagliero che si era perso negli anni. I boancoblù non hanno giovani di enorme qualità o capitali importanti da investire. Grazie a Preetz e Dardai però, due ex calciatori, il club possiede competenza calcistica. Ecco quindi arrivare a Berlino, città che attira già da sola, giocatori in cerca di riscatto. Prima Ibisevic, attaccante reduce da annate disastrose a Stoccarda. Poi Kalou,  giramondo del calcio in uscita dal Lille e voglioso di giocare in Bundesliga. Poi ecco il ceco Darida, ottima promessa europea che a Friburgo non era riuscito ad esplodere. La bravura di Preetz è stata poi quella di dare “un’occasione” a due giovani di grande prospettiva chiusi da tanti big nel Bayern: Weiser e Kurt. Se a questo si aggiunge l’intuito nel portare in squadra un talento come Haragushi e nel trattenere due centrali di eccellente qualità come Brooks e Stark, allora il puzzle è completo. Dopo anni di sali e scendi e di piazzamenti da neo promossa, l’Hertha Berlino ha finalmente una dimensione europea. E se non fosse per la sciagurata notte di agosto contro il Bronby, a questo punto i biancoblù starebbero anche in Europa League. Pochi soldi ma grande abilità sul mercato. Ecco un altro esempio di come crescere seguendo un progetto, qualità che squadre con un passato glorioso come per esempio Amburgo e Werner Brema, hanno smarrito da troppo tempo. La competenza e la lungimiranza, non si comprano al mercato.

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