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Matteo Renzi annuncia la Digital Tax

“Non aspetteremo l’Europa”, così il premier Matteo Renzi annuncia una Digital Tax per l’Italia dal 2017. E’ successo durante Otto e Mezzo, la trasmissione di LA7 in onda ieri sera: Renzi risponde alle sollecitazioni di Federico Rampini, ospite insieme a lui di Lilli Gruber, tornado a parlare di elusione fiscale e grandi Web Company. Il Presidente del Consiglio ha dichiarato che non aspetterà l’Europa per risolvere il grave problema fiscale con Google, Apple e altre grandi società, ma l’Italia tenterà autonomamente il varo della Digital Tax.

Digital Tax o Webtax? La manovra anti-elusione

Parlando di Digital Tax è obbligatorio il riferimento per molti alla Webtax, il mitologico disegno di legge Quintarelli-Zanetti, esponenti di Scelta civica. L’intento in effetti è lo stesso, cioè scoraggiare quell’espediente che i colossi della Silicon Valley usano per abbassare le tasse sul fatturato a cifre ridicole: l’elusione fiscale. Dalle parole di Renzi sulla Digital Tax traspare la ferma intenzione di non cozzare contro Bruxelles e di varare una legge che consenta legittimamente di tassare le transazioni.

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Tuttavia se la Webtax, l’unica tra le proposte del suo genere ad arrivare a disegno di legge, era ancora in fase embrionale, ora la nuova Digital Tax (che tassa, in effetti, non è, nemmeno tanto nuova) potrebbe diventare realtà nel 2017. Per aziende come Google o Apple – già sorvegliate in Italia dal punto di vista fiscale – questo significherebbe un bivio: stare a guardare mentre il 25% del flusso di denaro fatturato dall’Italia verso le loro sedi estere viene trattenuto dall’erario, oppure cercare un accordo col fisco. A questo si aggiunge una terza opzione, cioè definirsi stabile organizzazione in Italia dimostrando un reddito tassabile a livello territoriale.

Come spiega infatti Renzi:

Non c’è dubbio che i grandi player dell’economia digitale hanno un sistema per cui non pagano le tasse nei luoghi dove fanno business. Abbiamo aspettato per due anni la legge europea, facciamo gli ultimi sei mesi attendendo un provvedimento, ma dal 2017 – e già da questa stabilità – immaginiamo una “digital tax” che vada colpire con meccanismi diversi da quelli immaginati nel passato nei luoghi dove vengono fatte le transazioni. Un principio di giustizia. Non arriveranno a cifre spaventose, non basteranno a risollevare l’economia del paese, ma sarà legge in Italia dal 1° gennaio 2017.

L’incontro tra Renzi e Zanetti

Alla base della decisione del Premier contribuisce il suo incontro di mercoledì scorso con Enrico Zanetti, segretario di Scelta Civica, “partito-padre” della vecchia Webtax. Nell’incontro si sono affrontati vari temi dell’agenda politica, e si è parlato anche di elusione e della proposta di una trattenuta alla fonte del 25% insieme ad un’estensione del concetto di stabile organizzazione.

Inoltre dal disegno di legge proposto da Scelta Civica vengono tramandate alcune soglie, applicate nella nuova Digital Tax, come la presenza continuativa di attività online per almeno sei mesi, e almeno 5 milioni di euro di flusso di denaro nello stesso periodo preso in considerazione.

Secondo il sottosegretario all’Economia Enrico Zanetti, dall’introduzione della cosiddetta Digital Tax potrebbe arrivare un gettito tra 2 e 3 miliardi l’anno, grazie all’ampliamento della base imponibile esistente. Un recupero considerevole da chi non ha mai pagato tasse adeguate, importante in un periodo dove il Governo sta riducendo le imposte alle imprese, alle famiglie e ai lavoratori italiani.

L’idea sembra aver convinto Renzi, che ha sposato la causa e già in questi giorni i tecnici del Ministero dell’Economia e delle Finanze stanno studiando la possibile applicazione, affinando il tutto. Una svolta clamorosa rispetto allo scorso maggio, quando nessun esponente del PD firmò il dossier sulla WebTax, promosso invece all’unanimità da Scelta Civica. Tuttavia non è ancora chiaro se la Digital Tax riuscirà davvero nei suoi intenti, senza per questo danneggiare lo sviluppo del settore digitale. Alcuni capitoli del problema sono stati risolti, ad esempio l’Iva europea (regolata a livello comunitario e quindi non oggetto di possibili interventi di singoli Paesi), mentre altri sono ancora forti nella “terra senza legge” in cui operano questi giganti del web.

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