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ANALISI – Juventus, pareggio tricolore?

Cronaca di un pareggio annunciato la sfida di ieri sera all’Olimpico: dimostrazione di quanto poteva essere alla portata della Juventus chiudere il campionato, e di quanto invece è ancora difficile per la Roma riaprirlo. Una partita specchio di un doppio binario su cui va ad incanalarsi questo pareggio, utile ad entrambe le squadre a difesa di un primato, inconcludente però perchè vincere avrebbe significato dar inizio ad una svolta. Quello che era atteso come il grande spot per il calcio italiano, è stato invece un match che ne evidenzia paure e limiti e che, necessariamente, rimanda verdetti e conclusioni a tempi migliori. Soprattutto per quanto riguarda la Juventus ancora vittima del suo sdoppiamento di personalità, ancora punita dal suo stesso primato. Non è stato un match-scudetto, non ha dato risposte definite. La Juve lascia ancora l’ago della bilancia perfettamente in equilibrio, ed equamente divise sono le interpretazioni del momento. Il bicchiere è mezzo pieno se si guarda alla Juve dei primi 70′, corta, attenta, che lascia sì la palla all’avversario, ma che studia e mette in pratica un contenimento ragionato che punta sulle ripartenze veloci. Non era il caso di esagerare con atteggiamenti troppo sfrontati incoraggiati dal vantaggio in classifica, percio’ è stata una gara gestita con attenzione e soprattutto con grande tranquillità. La Juve non è brillante, ma imposta bene anche tatticamente, nonostante le illustri assenze. Bicchiere mezzo pieno soprattutto in lunga prospettiva, visto che con lo scontro diretto a favore, i punti di vantaggio sulla Roma diventano 10.

Il bicchiere è mezzo vuoto invece, perchè tutta l’attenzione in campo doveva necessariamente concretizzarsi con un vantaggio sostanziale, e invece la cosa peggiore che poteva succedere a questa Juve è stato proprio il goal di Tevez: nessuna nota di demerito al gesto del campione, espressione autentica del fuoriclasse, sostanziale aiuto alla squadra e letale alla prima grande occasione. Però, al goal, l’atteggiamento della squadra è cambiato: si sono accumulati gli errori proprio quando serviva solo affondare, sono arrivate ammonizioni inutili ed assolutamente evitabili, è arrivato il solito goal su calcio piazzato. Errori figli di un gruppo responsabile di un calo di attenzione e lucidità che ha dato nuova forza alla Roma che rientra in partita nonostante l’inferiorità numerica. Mancante in cattiveria agonistica, questa Juve sembra essersi adeguata ad una condizione di superiorità in cui l’ha posta il nostro campionato, che le permette di raccogliere senza seminare con troppa fatica, ma che la chiude in un circolo di abitudine assolutamente inaccettabile in ambito europeo. Soprattutto se si guarda alla soporifera fase offensiva.

La lezione da imparare sta tutta in quegli ultimi 20′, e ancora una volta in quella pessima gestione del vantaggio. Dividendo cronologicamente la partita il contenuto del bicchiere varia, sale e scende, ma è nell’ottica generale che sembrano non arrivare novità: il bicchiere è mezzo. Nè pieno, nè vuoto in un momento della stagione che poteva già dare degli esiti, in cui sprecare un match point non è certamente un errore fatale, ma può comunque far riflettere.

Non c’è niente di più rassicurante di un vantaggio che viene nonostante tutto mantenuto, niente di più confortante di un corridoio con le porte tutte aperte, di un percorso con obiettivi che aspettano solo di essere conquistati. La testa va subito alla sfida con la Fiorentina, un doppio incontro che mette sicuramente meno pressione dell’appuntamento di Dortmund. Eppure serpeggiano, nelle trame di queste ultime sfide, nelle dchiarazioni post partita, il rammarico e l’insoddisfazione figli della consapevolezza di fare meno di quanto si è in grado. Rammarico per non aver sfondato quel muro di approssimazione che ha caratterizzato le ultime prove ; insoddisfazione per non riuscire ancora a dimostrare, per quel mancato salto di qualità che potrebbe significare la svolta della stagione. Ancora tutti in attesa dello slancio verso la maturità. Quando si vede in bianco e nero è davvero difficile ammettere sfumature, nitidezza cui ci si abitua dopo anni di vittorie e che difficilmente lascia adeguare a tratti cosi incerti.

Marzo sarà il mese delle domande più dure, e a certe risposte davvero non ci si abitua mai.

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