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ANALISI – Juventus, piccolo flop di inizio anno

 

Il nuovo anno si apre mostrandoci lo stesso scenario dello scorso dicembre, ripetendoci lo stesso ritornello: ancora una volta la Juventus chiude con un pareggio, rimontata dopo aver dominato, e ancora una volta concretizzando poco, finalizzando in una sola occasione che continua a non bastare. Il problema è sempre lo stesso, ma la diagnosi è sicuramente più chiara: i sintomi, già presenti nelle ultime partite, si sono manifestati in tutta la loro gravità durante la sfida di ieri sera. Dopo un novembre da incorniciare, è arrivata la frenata di dicembre: la Juve ha raccolto pochi punti, con una sola vittoria contro un Cagliari in discesa libera, e soprattutto ha fallito il primo vero obiettivo stagionale regalando la Supercoppa al Napoli. La Juve è ancora, e sempre di più, affetta da una strana forma di bipolarismo: due facce, due personalità ben distinte, che producono effetti sorprendentemente contrastanti. Differenza evidente a tutti, cronologicamente scandita dai due tempi della partita.

Una prima Juventus, quella dei primi 45 minuti, bella, veloce, inquadrata, ordinata, a tratti elegante. Un primo tempo fenomenale, con gli avversari che quasi soccombono mostrando il loro fianco più debole sul quale basterebbe solo infierire, e farlo senza eccessivi dispendi di energie. Una seconda Juve, quella che appare dopo la ripresa, che subisce, in confusione, senza idee, che stupidamente perde palla regalando il vantaggio all’avversario. Una condizione di smarrimento quasi totale, una paura, che incoraggiano anche il rivale più sciagurato. E’ questa la Juve attuale: ci incanta nel primo tempo esprimendo tutto il suo potenziale, guidata dalle magie di Pogba e dalle giocate di Vidal; ci sorprende nel secondo tempo disorganizzata, disunita, caratterizzata da azioni personali che allungano la squadra ma che non portano a nessuna conclusione, se non quella di aprire autostrade facili da percorrere per i centrocampisti nerazzurri.

Se a questo bipolarismo, aggiungiamo anche forti momenti di amnesia, viene fuori la ricetta della perfetta delusione: Bonucci in ritardo perde l’avversario, Buffon esce, male, agevolando il goal del pareggio. E’ proprio il capitano a raccogliere i cocci a fine partita, ad esprimere tutto il suo rammarico addossandosi la responsabilità, invitando la squadra a maturare, riferendosi ad una certa presunzione che sta diventando sempre più pericolosa. Presunzione palese soprattuto se si butta un occhio a giocate un pò troppo ostentate il che dimostra sicurezza e a tratti audacia, ma quando le magie non si trasformano in certezze, in realtà, restano negli archivi solo in quanto tali. E quando le mancanze vanno inquadrate tutte in termini di concretezza anche la partita stessa può essere vista in due diverse prospettive: la Juve del primo tempo ha perso due punti importanti, quella del secondo ne ha guadagnato uno che vale moltissimo avendo addirittura rischiato la sconfitta.

Il dato preoccupante è che questa “brutta malattia” sta diventando una costante: essere consapevoli del problema è sicuramente un passo importante verso la guarigione, ma è arrivato il momento di pensare ad una cura. Senza eccessive preoccupazioni è anche il caso di considerare una flessione fisica in questo periodo dell’anno che ha sicuramente influito sul piano dell’intensità, e su quello della lucidità. Il ritorno di alcuni infortunati potrebbe portare un pò di espiro, e gli innesti di mercato agevolare la manovra voluta da Allegri. La sensazione è che una cura del genere potrebbe però non bastare, e che si debba agire sul piano della mentalità: sono sparite la fame, la rabbia delle scorse stagioni, sostituite da una maggiore ricerca del gioco da un maggior possesso palla, il che rende la Juve sicuramente più attenta, ma meno spregiudicata e cinica. Perchè è vero, le squadre diventano specchio dei propri allenatori, e finito il momento dei paragoni si deve considerare il lavoro che si può fare adesso, e renderlo al meglio.

Allegri è subentrato in una squadra con un organico ben determinato, reduce da un mercato estivo poco attivo, con un gioco molto efficace in Italia ma del tutto deficitario in campo internazionale. E la Juve di quest’anno è sì in ritardo ma rispetto ad una stagione da record. Sembra quindi aprirsi un periodo, ancora diverso, in cui un allenatore entrato in punta di piedi sta, suggerendo che “le partite vanno gestite”, che è necessaria più attenzione. Non c’è più posto per i nostalgici. Con un Napoli che sembra risorto, in buonissima forma, avvicinarsi al match del San Paolo con questi presupposti può spaventare.

Il rovescio della medaglia è che invece potrebbe soprattutto stimolare: la partita giusta al momento giusto per una solida dimostrazione di forza, e per ricordarci che è vero, le partite vanno gestite, ma adesso è arrivato il momento di vincerle.

 

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