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Schermi 4K su dispositivi mobili: hanno davvero senso?

Fino a quattro anni fa tutti gli schermi su telefoni e smartphone avevano una bassa densità di pixel, che permetteva di distinguere più o meno chiaramente la griglia. Poi qualcosa è cambiato: è stato presentato l’iPhone 4, che aveva per la prima volta un retina display, cioè con un numero di pixel quadruplicato rispetto all’iPhone 3GS (640×960 a 326 ppi), nello stesso spazio. Durante il keynote Steve Jobs disse: “Noi pensiamo che questo fisserà lo standard dei display per i prossimi anni”; e così è stato: da allora tutti i produttori hanno cominciato a montare schermi a maggiore risoluzione su smartphone e tablet, ma anche sulle TV dove è arrivato il 4K.

Al giorno d’oggi ci sono già parecchie TV 4K in giro, anche se il loro prezzo resta comunque molto alto, e questo standard sta iniziando a diffondersi anche su smartphone e tablet. Ma ha davvero senso montare questi schermi sui dispositivi mobili? Sempre durante il keynote del 2010 l’allora CEO di Apple disse che superata la soglia dei 300 ppi, alla normale distanza d’uso di uno smartphone, l’occhio umano non è più in grado di distinguere i pixel l’uno dell’altro (la retina non ha un tale potere risolutivo). E questo era proprio il motivo per cui questi schermi dovevano essere montati, quello di non distinguere più i singoli quadratini, e vedere i testi e le immagini in modo perfetto; alla fine è tutta una questione di avere una densità di pixel maggiore di quella distinguibile dall’occhio.

Ora ci sono già schermi con densità molto maggiori di questa soglia, come quello del Galaxy S5 che ha 432 ppi, e proprio ieri vi abbiamo parlato di uno schermo per tablet 4K a 438 ppi. Ora mi chiedo, se superata quella fatidica soglia, i display sono già in grado di “ingannare l’occhio”, qual’è il motivo di aumentarla ancora? La risposta più ovvia e che si tratti soltanto di una scelta commerciale, che soddisfa perfettamente la filosofia “più ce n’è e meglio è”, che non sempre è vera.

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