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Ecco come funziona la censura in Cina

Per quasi un anno, quattro giornalisti di Bloomberg News hanno indagato sui legami tra la politica e l’uomo più ricco della Cina Wang Jianlin. Nel mese di ottobre, secondo il New York Times, Matthew Winkler chief di Bloomberg spiegò loro che facendo questa ricerca la società avrebbe perso la possibilità lavorare in Cina.

Per proteggere tutto questo Winkler ha poi deciso di auto censurare tutta questa ricerca per mantenere la possibilità di fare comunicazione all’interno dello stato cinese. I funzionari cinesi hanno però risposto la scorsa settimana che svolgeranno indagini senza preavviso negli uffici cinesi di Bloomberg.

La cosa più sorprendente in tutto questo, è il fatto che Winkler non ha protetto gli articoli per proteggere la pubblicazione degli articoli, ma ha fatto esattamente il contrario per non togliere a Bloomberg la possibilità di fare comunicazione in Cina.

Come ha sottolineato l’analista social media Jason D. Ng ha sottolineato durante un discorso a Google il mese scorso, la Cina è protetta da un Grande Firewall gestito dal governo che funziona come uno scudo di sorveglianza che impedisce cittadini cinesi di accedere a siti come Twitter e il Times. Ng dichiara che il Grande Firewall è così efficace da suggerire l’auto-censura alle varie attività di informazione per non perdere la possibilità di continuare a farlo come nel caso di Bloomberg.

In questo momento esistono in Cina due tipi di autocensura – spiega – una da parte di chi fornisce i contenuti, che devono verificare i contenuti e decidere cosa essere censurato per non andare contro le regole dettate dal governo e due da parte degli utenti, che devono stare molto attenti al rischio di essere arrestati e puniti per i messaggi anti-governativi. L’incidente di Bloomberg rientra ovviamente nella prima categoria spiega Ng e che attualmente in Cina vengono filtrati oltre 1400 siti di social media.

Questi siti hanno a loro disposizione dei controllori che verificano e controllano manualmente tutto il contenuto caricato e sono responsabili di assicurare che tutti i contenuti siano conformi con le norme cinesi di Internet e il Giuramento pubblico di Autodisciplina e di etica professionale. Non si conoscono però i metodi di controllo utilizzati perché vengono tenuti segreti.

Negli ultimi mesi, tuttavia, alcuni studi accademici hanno esposto cercato di capire come funziona la censura cinese. Una ricerca interessante arriva dall’Università di Toronto che ha svolto uno studio sui controlli cinesi di Internet, pubblicato il mese scorso, mettendo in evidenza la censura delle comunicazioni private su vari servizi di messaggistica istantanea nel paese.

La relazione spiega che la censura dei messaggi in Cina varia da regione a regione e che milioni di dati di uno di questi servizi di messaggistica vengono raccolti e conservati su un server non protetto accessibile con sede in Cina. Il team di ricercatori, tra i quali troviamo Ng, ha anche compilato una lista di parole che se utilizzate in un messaggio causerebbero automaticamente il blocco della comunicazione.

In un rapporto pubblicato nel mese di ottobre dalle politologo di Harvard Gary King, leggiamo che il governo cinese è più interessato a censurare gruppi di persone piuttosto che singoli individui. Effettuando un test per capire il funzionamento della censura King e il suo team hanno inviato 1.200 messaggi su 200 reti social in tutta la Cina per vedere quali sarebbero state bloccate e hanno redatto il seguente schema per spiegare come funziona:

censura cinese funzionamento

La ricerca di King ha scoperto che un’azione collettiva ha maggiori probabilità di essere bloccati. Nella ricerca ha anche scoperto che gli algoritmi utilizzati dai controllori sono inesatti. I metodi automatizzati di analisi del testo – spiega King – basati su algoritmi di parole chiave, funzionano veramente male. In pratica, ciò significa che anche i messaggi filogovernativi vengono bloccati e questo quindi porta alla conclusione che il sistema di controllo della censura cinese è molto variabile e soggetto a errore umano.

King, dopo un colloquio con alcuni controllori, conclude che esiste una grande incertezza sua quali siano le regole precise da mettere in pratica su cosa va censurato e cosa no. Il sistema di censura è difficile da comprendere e capire a volte,dice Isaac Mao, un ricercatore di social media che è stato uno dei primi blogger in Cina. Dopo anni di censura che lasciavano a volte perplessi, i media che operano in Cina hanno imparato cosa può essere soggetto alle regole imposte dal governo cinese.

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