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Facebook monitora le nostre chat?

Grazie ad un intervista rilasciata a Reuters, da parte di Joe Sullivan, capo ufficio sicurezza di Facebook, veniamo a conoscenza di una questione che potrebbe far inasprire gli utenti che quotidianamente utilizzano il sistema di chat online fornita dal noto social network.

Sembra infatti, che Facebook monitori ogni sessione di chat che effettuiamo con i nostri amici, alla ricerca di possibili contenuti inopportuni che potrebbero portare ad attività criminali.

Il sistema funziona in larga parte grazie ad un software che analizza in base a diversi algoritmi le nostre conversazione alla ricerca di diversi fattori.

  • Si attiva quando inizia lo scambio delle nostre informazioni personali, e se vengono usate parole volgari.
  • Effettua controlli dettagliati se la chat avviene tra due persone con alte differenze d’età.
  • Verifica inoltre la storia d’amicizia sul social network e la presenza di amici in comune.

Grazie a questi fattori inizia un’analisi del tutto computerizzata, a seguito della quale, in caso di aspetti “preoccupanti”, i vari messaggi vengono spediti dapprima al centro sicurezza di Facebook, e se i controlli effettuati da quest’ultimo fossero allarmanti verrebbe inoltre segnalato il tutto alla polizia.

Il sistema a detta di Sullivan, ha un tasso d’errore basso per quanto riguarda i falsi positivi, ed è naturalmente impossibile sapere quante persone riescano comunque ad eluderlo, tuttavia è interessante notare, come aziende importanti come Facebook, rischino attacchi da utenti che potrebbero infuriarsi vedendo la propria privacy non rispettata, per favorire una minore criminalità.

Personalmente, trovo queste scelte utili per favorire una maggior sicurezza del web, che oggi è sempre più pieno di utenti davvero giovani, che con la diffusione di dispositivi come smartphone o iPod Touch (giusto per fare un esempio), sono sempre meno controllati dai propri genitori, tuttavia gradirei che tutte le misure utilizzate dai social, ma anche da altri siti, fossero più trasparenti verso i propri utenti.

fonte | Wired

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