Il dinosauro non ce l’ha fatta. Dopo anni di stenti e fatiche, dove cui però era riuscito sempre a salvarsi all’ultimo secondo, stavolta ha dovuto arrendersi ad una stagione maledetta. Un finale amaro, un finale pieno di disperazione e caos per una tifoseria che non voleva neanche immaginare un finale così. La rabbia però non può nulla. Non è bastato l’orgoglio della sua gente ad evitare la prima storica retrocessione dell’Amburgo in 2Bundesliga, una categoria mai conosciuta da queste parti da quasi 55 anni. Purtroppo il calcio non guarda la carta d’identità, e così una delle società più importanti e tifate di Germania dovrà ricominciare il suo cammino dalla seconda serie. Le lacrime di un’intera città sono un po’ le lacrime di chiunque ami il calcio. Ma la storia insegna che dalle ceneri si rinasce più forti. La speranza al momento di un nuovo futuro, al momento è l’unico appiglio per un popolo ferito.
Con la retrocessione dell’Amburgo si è fermato anche il celeberrimo orologio del Volksparstadion, che dopo 54 anni e 262 giorni ha smesso di correre. In questi ultimi anni (troppi anni, visto che l’ultimo trofeo vinto dall’Amburgo è datato 2004 con la vittoria della Coppa di Lega e un titolo di Bundesliga addirittura dal 1983) pieni di sconfitte e di delusioni, l’orologio era diventato l’unico motivo di orgoglio e di vanto dei tifosi dell’Amburgo, che almeno potevano sbattere in faccia a tutti (Bayern compreso) il fatto di non essere mai retrocessi nella storia della Bundesliga dal 1963 ad oggi. L’unico vanto però, perchè tra salvezze all’ultima giornate e spareggi retrocessione (2 negli ultimi 4 anni), i supporters anseatici hanno dovuto mandare giù tanti bocconi amari.
Purtroppo per colpa di gestioni scellerate e incomprensibili giochi di potere, una società con molti milioni di tifosi in tutto il mondo, si è vista lentamente trascinare nel baratro. Solo negli ultimi 5 anni l’Amburgo ha cambiato ben 11 allenatori, 3 presidenti e svariati direttrici sportivi. Una gestione del genere non si augura neanche ad un club di terza categoria, figuriamoci ad una società che ha portato in Germania anche una Coppa dei Campioni nel 1983. Purtroppo a nulla è servito il grido di dolore lanciato dai tifosi attraverso le proteste più disparate, per cercare di ritrovare una strada persa da tempo. Non sono serviti neanche gli appelli del leggendario Uwe Seeler (Uns Uwe, “Il nostro Uwe”, come lo chiamano i tifosi) per garantire all’Amburgo una società degna di questo nome. I troppi interessi hanno portato il consiglio di sorveglianza del club a concedere mandati di presidenza a personaggi che nulla avevano a che fare con il calcio e capaci solo di spolpare la società senza portare nessun vantaggio dal lato tecnico.
La stagione – E questa stagione non poteva che finire così, visto come era cominciata: eliminazione dalla DFB Pokal al primo turno per mano di una squadra di terza serie. Primo gol segnato dell’anno da Nicolai Mueller, che poi nell’esultare si infortunia al ginocchio e resterà fuori 8 mesi. E poi gli allenatori, ben 3 in una stagione. Prima Gisdol, poi Hollerbach e per ultimo Titz. Nel mezzo c’è stato tempo persino per un cambio di Presidenza e per mandare fuori rosa 5 calciatori per intemperanze o incomprensioni con la società. Una vera polveriera, una società impazzita dal primo all’ultimo giorno di campionato.
FUTURO – Da coas si può ripartire adesso? Paradossalmente la retrocessione può essere uno dei pochi “successi” degli ultimi anni. In questi ultimi mesi è arrivato alla presidenza della società Bernd Hoffman, dirigente capace e intelligente. Insieme a lui è stato nominato tecnico Christian Titz, un sergente di ferro che ha rivitalizzato l’Amburgo dandogli speranza di salvezza (quando era praticamente spacciato) e lanciando in prima squadra tantissimi giovani di valore. Insieme a lui (e approfittando di un campionato di livello minore) si può ricostruire un progetto destinato a durare negli anni. Si sta cerando anche un DS capace, scegliendo tra i nomi più in voga in Germania e in società che hanno fatto molto bene negli ultimi anni come Hoffenheim, Mainz, Augsburg o Eintracht Francoforte. Da questa retrocessione, paradossalmente, l’Amburgo ne può uscire più forte e tornare subito in Bundesliga il prossimo anno con un gruppo giovane di valore capace magari di scalare il campionato come è accaduto in passato a Colonia, Francoforte, Moenchengladbach e Hoffenheim. Tutto parte dalla qualità del management a disposizione e questa volta sembra che i dirigenti giusti ci siano. L’orologio è pronto a ripartire.