Le autorità indonesiane hanno creato una task force per fermare gli autisti che lavorano per conto di Uber a Giacarta e a Bandung. La società statunitense ha risposto lanciando una petizione. Siglata finora da 23mila persone, la petizione scritta da Uber rivela che «la task force potrebbe distruggere oltre 6mila posti di lavoro da conducente».
Per le autorità locali, tuttavia, il servizio è illegale. Mancherebbero, infatti, le licenze per operare e ci sarebbero problemi relativi al pagamento delle tasse. Alcuni media locali, nelle scorse ore, avevano parlato di sequestri di vetture e anche di arresti di alcuni autisti. La notizia, però, è stata smentita dalla stessa Uber.
L’azienda, che opera in oltre 300 città del mondo, ci tiene a sottolineare la «sicurezza, affidabilità ed economicità» del servizio, e per sostenere la causa ha lanciato l’hashtag #UBER4INDONESIA.
Per Uber si tratta dell’ennesimo ostacolo da affrontare. Il servizio è stato già contestato negli Stati Uniti, in India, Australia, Francia e Italia. La maggior parte delle resistente sono legate alle preoccupazioni per l’incolumità dei passeggeri e soprattutto alla concorrenza nei confronti dei taxi.