L’Alzheimer è una malattia neurodegenerativa che ha effetti devastanti sul sistema nervoso, sul comporamento e sulla qualità della vita della persona che ne è affetta. Nel mondo sono attualmente affetti da Alzheimer o da un’altra forma di demenza, circa 46,8 milioni di persone, numero che nei prossimi venti anni, sembra destinato a raddoppiare secondo le stime del World Alzheimer Report, in base all’andamento ormai tipico della diffusione e crecita della malattia. Il concetto di demenza, patologia alla quale l’Alzheimer appartiene, è riferito ad una serie di malattie neurodegenerative che comportano la progressiva alterazione di una serie di funzioni cognitive ed emotive.
Alcuni sintomi dell’Alzheimer
Le funzioni cognitive piùù seriamente coinvolte in un progressivo disgregamento, nella persona affetta da Alzheimer, sono le seguenti:
- l’orientamento spazio – temporale;
- la personalità;
- la memoria;
- il linguaggio;
- il pensiero;
- le capacità di ragionamento e di giudizio;
Tutte, oltre alla vita emotiva, caratterizzat dall’insorgenza di diversi disturbi, tra cui ansia e depressione dell’umorem vengono progressivamente e severamente compromesse. Tutti gli atti quotidiani della vita ne risentono in modo crescente, fino a diventare impossbili senza l’assistenza di un’altra persona o di personale specializzato.
Un farmaco anti – infiammatorio – acido mefenamico – utilizzato per il dolore, sarà la nuova cura per l’Alzheimer?
Una nuova ricerca condotta nell’Università di Manchester nel Regno Unito dal dottor David Brough, ha dimostrato che l‘acido mefenamico, un farmaco appartenente alla famiglia degli antinfiammatori non steroidei ( Fans), utilizzato per combattere il dolore cronico e mestruale, riesce a contastare alcune delle infiammazioni cerebrali che tipicamente colpiscono le cellule nervose delle persone affette dal morbo di Alzheimer e sofferenti di relativi problemi di memoria.
Per la ricerca, sono stati utilizzati come soggetti sperimentali dei topolini transgenici di laboratorio che mostravano segni iniziali di demenza. Il farmaco antidolorifico ed anti – infiammatorio, è stato somministrato agli animali attraverso dei microiniettori impiantati sottopelle.
Dei topolini che mostravano segni di Alzheimer, con evidenti problemi di memoria, dieci sono stati trattati con il farmaco anti – infiammatorio. Altri dieci, soggetti di controllo, sono stati trattati invece con un placebo. Il farmaco ed il placebo, sono stati somministrati per un mese. Prima e dopo questo periodo, sono state misurate le capacità di memoria dei topolini.
Risultati della ricerca e possibili applicazioni sull’uomo
A distanza di trenta giorni dall’inizio della somministrazione del farmaco per il dolore a base di acido mefenamico, i topolini con sintomi iniziali di Alzheimer, mostravano di aver recuperato la memoria. La progressione dei sintomi di Azheimer, era quindi stat bloccata negli animali. L’importanza del risultato di questa ricerca, consiste nel fatto che per la prima volta, l’utilizzo di un farmaco ha reso possibile evidenziare un percorso infiammatorio nell’Alzheimer, grave malattia neurodegenerativa.
Inoltre, sembra contemporaneamente offrire un modello della malattia stessa, pur con tutte le cautele del caso. Sarà infatti necessario verificare l’impatto che esso può avere sugli essere umani e tutte le conseguenze ed implicazioni a lungo termine del suo utilizzo sulle persone. Anche se il farmaco è già in commercio, esso dovrà essere modificato per renderlo applicabile nel caso di utilizzo umano nel morbo di Alzheimer, tenendo conto dei suoi effetti collaterali.
Risultato importante e nuove speranze per l’uomo
Si tratta di un risultato molto importante, che potrebbe aprire nuove speranze nel blocco, o almeno nella stabilizzazione degli effetti dell’ Alzheimer, una malattia che ha effetti devastanti sul cervello e coseguentemente, sulla personalità e sul comportamento delle persone che ne sono affette.
Questa ricerca, ha reso possibile stabilire che le infiammazioni del cervello, peggiorano i sintomi della demenza ed accellerano la sua progressione.
Il dottor David Brough ha affermato che la ricerca compiuta da lui e dalla sue equipe, ha dimostrato che l’acido mefanamico, può essere utilizzato prendendo come bersaglio un percorso infiammatorio molto importante nel morbo di Alzheimer, denominato infiammasome NLRP3, che provoca danni alle cellule del cervello.
Il Natural Communication Journal ed il Belfast Telegraph, hanno riportato per primi i risultati di questa ricerca che si spera possa aprire un nuovo campo d’azione anche nella prevenzione delle infiammazioni delle cellule del sistema nervoso umano.