Bisognava vincere, e si è vinto. Servivano i tre punti, e sono arrivati. Se possibile sfatare la maledizione dei rossoblù (otto sconfitte nelle ultime quattro stagioni), e la “prova del nove” sorride alla Lazio. Pioli non chiede di più e si prende tutto questo: il gioco verrà e la forma pure. Oltre ai tre punti, il tecnico parmense si gode i segnali di risveglio del carioca Felipe, la grinta del serbo Djordjevic, alla sua prima firma stagionale, le buone prestazioni di Milinkovic-Savic (lo si sapeva in forma) e Lulic (lo si sperava in rialzo).
Ora non serve andare di fino: stasera si badava al sodo. Prendersi una boccata di aria pura, per il cuore e la mente. Uscire dal periodo orribile tutti insieme: questo voleva Pioli, la vittoria va in questa direzione. Poca cosa, di contro il Genoa. O meglio: il palo colpito da Rincon dopo cinque minuti poteva essere dinamite sull’incontro e indirizzare la partita. Così non è stato, però. Mai come quest’anno i liguri sembrano essere troppo scommessa e poco squadra, con la classifica che comincia a piangere davvero: e domenica a Marassi arriva il Milan. Passa, dunque la Lazio: ora a Verona, trasferta complicata ma necessaria per conoscere lo stato di salute dei romani.
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NEL SILENZIO E SOTTO LA PIOGGIA- Seconda partita casalinga con gli ombrelli aperti. Stavolta, la pioggia che annuncia l’arrivo dell’autunno, bagna una Lazio ferita e un pubblico rabbioso e ancora stordito dalla figuraccia del San Paolo. La Nord contesta e non canta e, a più riprese, becca il patron laziale, impassibile e regolarmente al suo posto in tribuna. Sugli spalti sembra esser tornati al pre-Lazio-Sassuolo di due stagioni fa, sul campo, lo spettro del “secondo Petkovic” pare aleggiare sempre più. E’ una Lazio ancora impaurita e impacciata nei movimenti. Pioli si affida a Gentiletti in difesa, Milinkovic-Savic e Cataldi richiamati in mediana, a Kishna, Felipe Anderson e Djordjevic il compiti di sfondare. Quasi una rivoluzione, chi ha sbagliato ha pagato con la panchina.
Dopo cinque minuti, però, è il Genoa a recriminare: frustata di Rincon, che supera Marchetti ma finisce la sua corsa contro il palo. Respira la Lazio, che si scuote, maledice e impreca il Gasp, già livido di suo a causa di una rosa ridotta all’osso. La Lazio tenta di far girare palla, il Grifone è però assai chiuso e di spazi liberi ce ne sono pochissimi. Lulic e Felipe appaiono in ripresa, Cataldi e Parolo menano le danze in cerca del pertugio giusto. La sensazione è che serva pazienza, l’Olimpico, però, pare averla persa da un pezzo. Al 35’, ecco che il copione cambia improvvisamente: sotto la Tevere è il bosniaco a chiudere con un cross al bacio per Djordjevic, un appoggio di Milinkovic; la retroguardia rossoblù sale malissimo lasciando l’ariete in grado di battere Lamanna addirittura angolando a piacimento. Inutile negarlo: per Pioli & Co. è un gol che vale doppio, che sa di rivincita dopo una settimana pesantissima. I restanti minuti della prima frazione scivolano via con ancora Djordjevic e, sull’altro fronte, l’ex giallorosso Tatchidis, a cercare il colpo grosso con punizioni dal limite. Il parziale, però, non cambierà.
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FELIPE C’E’– E “colpa” di Felipe, quanto accade in tre minuti, tra il 53’ e il 56’. Si devono alle sue giocate i due cartellini gialli che Rizzoli (male anche stasera) commina al centrocampista ligure Cissoko reo, a ragione, di aver usato le maniere forti (troppo) per fermare le giocate del fantasista carioca. L’incontro cambia: la ragnatela messa su da Gasperini perde un pezzo fondamentale, anche perché si intuisce subito che i cambi escogitati dal tecnico genoano (fuori Tachtsidis e Ntcham, dentro Dzemaili e Capel) non avrebbero sortito l’effetto desiderato. La Lazio si rilassa e continua il suo gioco, pressando di più sulle esterne. E dalla fascia destra, al 62’, arriva il placet al secondo goal: Milinkovic-Savic, chiamato all’uno due da Basta, anziché affondare, scodella in piena area trovando la corta respinta di De Maio; la sfera arriva docile all’impatto con Felipe Anderson, che si prende solo il tempo di addomesticarla e, con un tracciante terra-aria, la ricolloca sotto il sette alla sinistra di Lamanna. Gol spettacolare quanto utile alla causa biancazzurra. Poi è solo accademia: trovano spazio Keita, Mauri e anche il tumultuoso (o presunto tale ) Morrison. Non cambia nulla, il Genoa, all’85’, rimane in nove per l’espulsione di Pandev (brutta gomitata su Mauricio), nervoso quanto inoperoso. Nulla accade più: la Lazio si gode la “legge dell’Olimpico” (tre usccessi su tre), si coccola i suoi talenti , con la speranza di aver spinto la crisi un posto più in là.
Marcatori: 35′ Djordjevic (L), 62′ Felipe Anderson (L)
LAZIO (4-2-3-1): Marchetti; Basta, Mauricio, Gentiletti, Lulic; Cataldi, Parolo; Felipe Anderson (82′ Mauri), Milinkovic-Savic (83′ Morrison), Kishna; Djordjevic (78′ Keita). A disp. Berisha, Guerrieri, Hoedt, Patric, Braafheid, Oikonomidis, Radu, Onazi.
All. Pioli.
GENOA (3-4-3): Lamanna; De Maio, Burdisso, Marchese; Cissokho, Rincon, Tachtsidis (46′ Dzemaili), Laxalt; Ntcham (46′ Capel), Pandev, Perotti (58′ Figueiras).
A disp. Ujkani, Sommariva, Ierardi, Lazovic, Asencio Raul.
All. Gasperini
ARBITRO: Rizzoli (sez. Bologna). ASS.: Passeri-Peretti. IV: Musolino. ADD.: Fabbri-Abisso.
NOTE. Ammoniti: 24′ Cataldi (L), 38′ Marchese (G), 42′ Mauricio (L), 53′ Cissokho (G), 64′ Gentiletti (L), 76′ Milinkovic-Savic (L), 78′ Figueiras (G)
Espulsi: 56′ Cissokho (G) per doppia ammonizione, 85′ Pandev (G). Recupero:1′ pt, 4′ st.