Da 10 mila a 120 mila euro è la sezione stabilita dalla cosiddetta “Cookie Law” – la legislazione da poco entrata in vigore per la privacy online – e dal Garante della Privacy in Italia per i siti web che usano i cookie per tracciarci senza il nostro consenso.
La normativa, già in vigore dal 3 giugno, fa preannunciare un bel giro di vite sui controlli delle illegittimità dei siti web. Per effetto della “Cookie Law”, come ormai da qualche tempo si nota, i siti sono stati obbligati a rendere noto al pubblico un banner in bella vista nella homepage con cui chiedono il nostro consenso a usare i cookie. Cliccando su “Accetto” il sito potrà utilizzare i cookie a scopi pubblicitari, al contrario no.
I cookie altro non sono degli strumenti tecnici indispensabili per migliorare l’esperienza di navigazione dell’utente tracciando i suoi movimenti, nonché fonte di sostentamento del sito perché queste stesse informazioni raccolte sull’utente si trasformano in pubblicità mirata e non invasiva (e, perché no, anche utile). Tutta la pubblicità sul web e quindi il mercato dei contenuti gratuiti, che tutti noi rivendichiamo come diritto inalienabile, sono basati sull’economia dei cookie.
E se avete sentito parlare solo ora – in maniera anche sommaria – di questo argomento, nonostante siano anni che agisce nel sottosuolo digitale, il perché è presto detto: la questione “cookie” è in realtà molto più articolata, perché la nuova normativa provoca non pochi grattacapi agli addetti ai lavori (mentre all’utente privato ben poco).
Rischi e conseguenze: cosa c’è da sapere
Il primo problema sono i costi che un sito deve sostenere per per adeguarsi alla normativa, installando un plugin che visualizzi il banner informativo ai visitatori. Costi troppo alti, secondo Federpubblicità, sopratutto per i privati e le Pmi. Per quest’ultime la Cookie Law rappresenta un ulteriore ostacolo per approdare sul web; già adesso sono poche quelle italiane con un sito web, così facendo il rischio è che si riducano ancora.
In seconda battuta c’è il rischio di perdere ricavi pubblicitari, poiché avendo messo in chiaro l’informativa ora l’utente è libero di scegliere ed è prevedibile che una quota di persone negherà il consenso. Niente consenso, niente tracking con i cookie, niente pubblicità, niente introiti per il sito: e non sono pochi i blog o siti web la cui mission è informare gratuitamente ma l unica fonte di sostentamento è la pubblicità online.
“In teoria è possibile ricevere pubblicità profilata, senza cookie; ma di fatto le agenzie pubblicitarie vendono solo pubblicità profilata agli sponsor. Quindi senza cookie – se l’utente non presta consenso – non appare pubblicità alcuna sui siti” – dice Guido Scorza, avvocato esperto di diritto digitale e privacy.
E le conseguenza negative ci sono anche per gli utenti privati, perché negando il consenso ai cookie, viene negata anche la possibilità di usare gli strumenti di condivisione dell’articolo o di commentare. Il “no” fa sparire dalla pagina non solo il tracciamento ma anche quei pulsanti di condivisione che tutti, chi più chi meno, amiamo e usiamo quotidianamente quando navighiamo sui nostri siti preferiti.
Calcolando, però, infine che solo una piccola parte degli utenti non darà il consenso al trattamento dei cookie, vuoi perché ha a cuore l’economia del web o del suo sito preferito, o perché l’informativa è ora ben in chiaro, il danno sarà minimo. Si spera.