Ci sono vittorie che non si possono raccontare senza coinvolgere la sfera emotiva, partite che si vincono aggrappandosi a qualcosa che va oltre ogni tattica, ogni gesto tecnico. La Juventus esce con il suo vestito migliore dal palazzo RealE ed entra da protagonista nella finale di Berlino. Con la pancia, con i denti, con il cuore. Sì, la partita di ieri sera è stata tutta una questione di cuore: quello dei giocatori che ha dettato il ritmo per le gambe, quella dei tanti detrattori ancora pieno di rancore, quello dei tifosi che si è fermato più di una volta, ma che adesso batte ancora più forte.
Il sogno diventa realtà, minuto dopo minuto, azione dopo azione, sussulto dopo sussulto. Una prestazione all’insegna della resistenza, e dell’attenzione: solidità difensiva e costruzione di una retroguardia che , al momento del vantaggio, ha coinvolto tutta la squadra. Un 3-5-2 non più bistrattato, ma semplicemente sostituito, e che al momento opportuno diventa un’arma in più. La Juventus non è la squadra più forte, ma è quella che più di altre sa come si fa a vincere e sa farlo anche in condizioni di grande sofferenza. In una giungla in cui si salva solo il migliore, anche questa è una grande dote per sopravvivere. Resistenza e ripartenze: così la Juve si è conquistata una finale sapendo incassare dopo lo svantaggio, sapendo aspettare il momento per costruirsi un’occasione. Ha colpito nel momento migliore, con l’uomo simbolicamente chiave del match, e di un futuro ancora tutto da decidere.
LA juve va a berlino per superare i propri limiti, allontanare fantasmi, sfatare tabù
Già, perchè se è vero che molto di questa Juve si deve al suo recente passato, altrettanto dipende dalle nuove leve che alimenteranno il futuro e che stanno mettendo le loro radici in questo presente. Di certezze ormai ce ne sono molte giunti in un momento della stagione che può già dirsi apice di un cammino improntato sull’orgoglio comune, in cui società, allenatori si sono presi cura di una squadra che aveva perso la cosa più importane: la consapevolezza del proprio valore.
A ricordaci questo cammino è una vecchia conoscenza bianconera: dalla B a Berlino, il tweet di Alessandro Del Piero illumina la strada per la finale, a sottolineare una rinascita, una crescita progressiva che è diventata la filosofia della squadra.
Da Berlino alla B, dalla B a Berlino: grandissimi ragazzi @juventusfc #ADP10 #UCL #RealJuve Ale
— Alessandro Del Piero (@delpieroale) 13 Maggio 2015
Se si ha coraggio, le soddisfazioni prima o poi arrivano. A 9 anni dalla penalizzazione, la Juventus torna ai vertici d’Europa, a ricoprire un ruolo naturale, cercato e di cui la squadra si è prepotentemente riappropriata con umiltà, con il lavoro vero. In molti stanno gridando al miracolo, i meno religiosi hanno altri argomenti: basta pensare alla voglia di dimostrare che un gruppo va oltre la forza di un allenatore, alla fame che da quattro anni non si è ancora saziata, alla coesione che compensa, grandi nomi, fatturati, ranking. Ad attendere la Juventus ci sono i più temibili: un Barcelona in attesa del triplete, padrona di un confronto da cui sarà difficilissimo uscire vivi.
Di nuovo in lotta per la conquista della @CHAMPIONSLEAGUE, 12 anni dopo. #FinoAllaFine @ChampionsLeague pic.twitter.com/idX7wEEKwZ
— JuventusFC (@juventusfc) 14 Maggio 2015
Fino alla fine, non ci si può certo fermare adesso. Perchè per questa Juventus, quella di Berlino non sarà semplicemente una finale, ma un’irripetibile occasione di rivincita, per cancellare un passato che davvero non le appartiene più, per superare i propri limiti, allontanare fantasmi, sfatare tabù. Una finale che lascerà tutti col fiato sospeso: al campo l’ultima parola, certi che in questo caso davvero “comunque vada sarà un successo”.