La Juve manca il match point, il campionato ringrazia. Sarebbe bastata la giusta dose di attenzione e scendere in campo senza sottovalutare l’avversario, ma facendo comunque pesare quella che, almeno sulla carta, era una netta superiorità. E invece la capolista crolla, sotto l’impianto tecnico-tattico di un buon Cesena, ma soprattutto crolla sotto i colpi della sua stessa presunzione, della sua superficialità, sotto un approccio alla partita totalmente sbagliato.
Un pareggio che addirittura va stretto agli emiliani, è la perfetta sintesi della partita. Non è certamente il caso di lanciare allarmi, non si tratta di crisi, non si fanno processi. Ma è solo grazie alla prova fallimentare della Roma che questo grande passo falso può essere assorbito senza grossi drammi e soprattutto senza danni. In ambiente Juve la testa è già alla sfida di venerdì contro l’Atalanta, in cui ritroverà il suo leader carismatico Carlos Tevez, in cui sarà necessario rispondere agli ultimi incidenti di percorso, seppure con quello che si annuncia un turnover di qualità. Momentaneamente messa da parte la partita contro il Borussia, è il caso di riflettere sull’attuale stato della squadra che sebbene regga fisicamente, sembra perdere colpi dal punto di vista mentale. E’una situazione che non va esasperata, dato il confortante vantaggio sulla Roma, ma oltre che per la preparazione della partita la Juventus ha una settimana di tempo per farsi perdonare un pò di peccati. Primo fra tutti quello di presunzione: pecca di eccessiva sicurezza, soprattutto nella gestione del vantaggio, di quella morbidezza che porta a perdere e anche velocemente, la visione della partita e nel caso specifico degli ultimi pareggi, a destabilizzare l’intero impianto di gioco. Pecca la difesa, con uno dei peggiori Bonucci della stagione e un sempre più smarrito Ogbonna. Il peccato di confusione, di totale disorientamento rende sempre più necessario un rinforzo di settore, cosa che rientrando da un lungo infortunio, Barzagli non può certo rappresentare.
Pecca il centrocampo, di amnesia totale, di movimenti tutti sbagliati: un Pogba in fase di richiamo delle sirene francesi, lontano dalla spietatezza cui ci aveva abituati, Pirlo e Vidal irriconoscibili nella loro lentezza e nella totale mancanza di idee e di concretezza. Il rigore sbagliato poi, diventa, per il cileno l’emblema di un momento di involuzione senza ritorno. In un’ottica tutta europea in cui davvero un rigore appare decisivo, si intravede la possibilità per Allegri di cambiare, almeno per qualche partita, il rigorista di turno. Decisione questa che va anch’essa inglobata nella serie di riflessioni che stanno caratterizzando un generale monitoraggio della situazione di squadra.
Peccatore anche Llorente, di una grave crisi di personalità: la trasferta di Cesena poteva rappresentare un momento di svolta, ottimo terreno di caccia per un leone che manca da troppo il suo appuntamento con il goal. Il suo punto di forza, l’intesa con Tevez, al quale apre gli spazi con la sua fisicità, non è poi così importante vista il crescente feeling tra l’argentino e Morata che scalza definitivamente la concorrenza. Lo stato di forma dell’attaccante, insieme all’ottima prova di Marchisio, restano gli unici segnali positivi in un momento in cui la squadra avrebbe bisogno di ben altre certezze: e invece abbiamo visto un approccio totalmente sbagliato, non degno di una squadra prima in classifica, fatto di errori grossolani, figli di troppa leggerezza. Nel post partita Andrea Pirlo ha dichiarato: “sarà il Borussia a dirci chi siamo”. Per ora è stato il Cesena, e prima ancora l’Udinese, ad esprimere una sentenza e a dirci che la Juve è una squadra che non deve allentare la presa, che si smarrisce, in balia della sua stessa grandezza che non si materializza però sul campo, dove è anche orfana di quella forza agonistica che la tira fuori dai momenti di difficoltà.
Le qualità di questo gruppo non possono mostrarsi solo a sprazzi, ad intermittenza, soprattutto in un campionato come il nostro in cui di certezze ce ne sono poche, ed è molto semplice fare la voce grossa,e ancora più facile cadere nel peccato. Pentirsi, subito: in Europa non sono i numeri a renderti grande, la grandezza, quella vera, bisogna dimostrarla sul campo.