Validità del Dna intatta, gravità degli indizi ampliata e pericolo di reiterazione del reato. Risultato, Massimo Bossetti resta in carcere. Il gip di Bergamo, Ezia Maccora, ha respinto la richiesta di scarcerazione per il muratore di Mapello accusato dell’omicidio della tredicenne di Brembate di Sopra, Yara Gambirasio. Le motivazioni si basano sulle ricerche nel computer di Bossetti riguardanti minori fino al maggio 2014 e la testimonianza d’una donna che ha detto d’averlo visto l’estate prima dell’omicidio di Yara con una ragazzina fuori dalla palestra di Brembate di Sopra.
La svolta
Il Dna mitocondriale sui reperti piliferi trovati sul corpo di Yara e che non è risultato appartenere a Bossetti, osserva il gip, viene usato “in casi particolari”, in presenza di “tracce degradate” o in “limitate quantita’” come “resti scheletrici o formazioni pilifere o per ricostruire rapporti di parentela materlineare”. L’accusa ha poi fatto valere due carte in suo possesso: le ricerche a sfondo sessuale nel computer di Bossetti riguardanti ragazze minori (tredicenni, la stessa età della vittima) fino al maggio 2014 e la testimonianza di una donna che ha raccontato d’averlo visto l’estate prima dell’omicidio di Yara, che risale al 26 novembre del 2010, in auto con una ragazzina fuori dalla palestra di Brembate da cui Yara sparì per essere trovata uccisa tre mesi dopo in un campo a pochi chilometri da casa.
La difesa
Respinta, di conseguenza, la richiesta della difesa di Bossetti, secondo la quale il muratore sarebbe dovuto tornare in libertà in quanto il pm, Letizia Ruggeri, non aveva chiesto il giudizio immediato entro il termine dei 180 giorni dall’arresto: “Se il quadro è esaustivo – aveva spiegato il legale – si deve chiedere il giudizio immediato e il fatto che non sia accaduto dimostra l’inconsistenza degli indizi in mano alla Procura”. La richiesta di immediato, che ha come condizione che un indagato si trovi in carcere, però, osserva il gip, non richiede “l’evidenza della prova”, come per il giudizio immediato ‘normale’, e il pm non ha l’obbligo di chiederlo ma ne ha solo la facoltà salvo che questa scelta “non pregiudichi gravemente le indagini”.