La Cassazione annulla l’aggravante della crudeltà per Salvatore Parolisi, l’ex caporalmaggiore dell’Esercito accusato di aver ucciso la moglie Melania Rea il 18 aprile 2011. Sarà la Corte d’Assise d’Appello di Perugia a rideterminare la pena. La Difesa di Parolisi si dice soddisfatta nonostante il ricorso sia stato respinto: “siamo soddisfatti, la condanna a 30 anni non esiste più”.
L’avvocato di parte civile, Giovanni Monni, dice che il verdetto della Cassazione ha finalmente stabilito il colpevole. “La quantità della pena non ci interessa”, ha concluso l’avvocato difensore dei familiari di Melania Rea.
Michele Rea, fratello della donna uccisa, ha invece commentato così la decisione della Cassazione:
“Non c’è da essere contenti questa sera, ma è stata però acclarata una cosa importante: è stato Salvatore ad aver trucidato Melania e ad aver reso orfana Vittoria. Adesso per altri 14-16 anni almeno, Salvatore rimarrà in carcere”.
Melania Rea scomparve il 18 aprile 2011 sul Colle San Marco di Ascoli Piceno durante una passeggiata al parco con il marito e la loro bambina. Secondo le dichiarazioni di Parolisi, l’unico in grado di confermare questa circostanza, la donna si allontanò per andare in bagno. Dei testimoni presenti, nessuno la vide entrare nello chalet.
A dare l’allarme della scomparsa di Melania Rea fu proprio il marito. Il corpo della donna venne ritrovato due giorni dopo grazie a una telefonata anonima arrivata al 113 intorno alle 14.30-15.00. La salma di Melania venne ritrovata in un bosco di Ripe di Civitella, nel teramano, a 18 chilometri di distanza da Colle San Marco. L’autopsia confermò che la 29enne originaria del Napoletano fu uccisa con 35 coltellate. Sul corpo non vennero trovati segni di strangolamento o violenza sessuale.
Il marito venne arrestato il 19 luglio su richiesta del procuratore di Ascoli Piceno Michele Renzo e del sostituto Umberto Monti. Secondo il gip Carlo Cavaresi, Parolisi avrebbe ucciso la moglie Melania Rea a causa della situazione che si era creata con l’amante, la soldatessa Ludovica Perrone.