Numerosi studi scientifici hanno dimostrato che lo sport ha una ripercussione positiva sulla salute umana, sia a livello preventivo che apportando, in situazioni di malattie già diagnosticate, numerosi benefici. Tuttavia lo sport, particolarmente in età adolescenziale, può rappresentare anche un fattore di rischio per lo sviluppo di numerosi tipi di disagio psicologico e psicosomatico, anche molto gravi. Tra i più significativi e di maggiore impatto clinico, vi sono i disturbi dell’alimentazione, quali ad esempio l’anoressia, la bulimia ed un disturbo di confine, quello da alimentazione disordinata o atipica.
A livello sociale, grazie alla diffusione dell’informazione mediatica, è ormai piuttosto noto che molte ragazze e donne soprattutto in età giovanile, che si mettono a dieta, utilizzino lo sport anziché in modo congruo al proprio reale benessere, in forma quasi o propriamente compulsiva, al fine di implementare il dimagrimento e per evitare nell’immediato, con la perdita in realtà di liquidi ottenuta con la sudorazione, un eventuale aumento di peso dovuto all’ingestione di pasti ipercalorici che temono di aver mangiato.
Poiché una caratteristica costante delle persone con DCA è un’alterata percezione delle forme corporee, dopo aver ingerito un pasto ipercalorico queste stesse persone temono di vederle e sentirle ulteriormente compromesse e ciò le spinge a condotte di compensazione come ad esempio, la pratica di attività fisica compulsiva per eliminare calorie. A livello di medicina sportiva, è invece ormai molto conosciuta l’esistenza, evidenziata dall’osservazione clinica, della cosiddetta “triade dell’atleta” presente in molte atlete e costituita da tre sintomi tra loro correlati: l’osteoporosi, DCA ed amenorrea.
Questo rilevamento, ha fatto propendere alcuni studiosi del fenomeno dei DCA e BED a ritenere che nel mondo dell’agonismo sportivo, dove il livello della competizione è molto elevato, vi possa essere una percezione amplificata dell’importanza delle forme e dimensioni corporee e dell’attenzione ad esse rivolte, che va a sommarsi a quella già preesistente a livello socio/culturale secondo la quale l’uomo dovrebbe essere alto e muscoloso, la donna magra, là dove con “magra” si definisce una donna “bella” oltre che dotata di una maggiore autoefficacia nella disciplina sportiva di riferimento, contribuendo così al perpetuarsi di uno stereotipo che viene però erroneamente preso a modello.
La ricerca di conformarsi quanto più possibile ad esso, può ripercuotersi gravemente sulla salute. Alcuni autori, studiando questo fenomeno che in ambito di clinica medico/psicologica, può essere definito come quello di ricerca di una magrezza funzionale alla prestazione, hanno evidenziato che una percentuale molto bassa di atlete, il 22,5%, in uno studio condotto su circa duecento donne atlete, aveva un’alimentazione ed un comportamento alimentare normale mentre vi era una popolazione subclinica di tipo anoressico del 17,5% e dichiaratamente anoressica, del 4%.
Tra la popolazione subclinica, un’alta percentuale ricorreva a molte ore di sport settimanale e a sedute quotidiane di allenamento per dimagrire, un’alta percentuale, si nutriva in modo sempre restrittivo mentre altre si abbuffavano ricorrendo poi a lassativi e diuretici ed inducendosi il vomito (Petris, 1993). Ciò fu confermato anche da altri studi (Shwarz et al., 2005, Anshel 2004). In Norvegia sono stati anche condotti degli studi epidemiologici sulla popolazione atletica sia maschile che femminile (1620 atleti) che hanno permesso di verificare che sia le une che gli altri, in percentuali pari rispettivamente al 20% ed all’8%, possono pienamente soddisfare i criteri riportati dal DSM IV per almeno uno dei tre disturbi dell’alimentazione inclusi nel manuale.
Un particolare comune sia ad atlete che ad atleti affetti da DCA rispetto al gruppo di controllo, al di là anche dell’età è che essi sono più diffusi in coloro che praticano alcuni sport specifici come ad esempio la ginnastica ritmica e artistica, la danza ed il nuoto, soprattutto quello sincronizzato, oltre al pattinaggio artistico. Si tratta quindi di sport di tipo estetico dove l’atleta, per avere un giudizio positivo sulla propria prestazione viene valutato da giudici esterni e quindi con il metro di un giudizio che viene determinato al di fuori del proprio controllo personale diretto.
Ciò può in alcuni casi di atleti predisposti, esasperare il tentativo di migliorare la propria performance in gara sia controllando ossessivamente l’alimentazione che forzando sugli allenamenti. Negli sport di tipo estetico, il contesto con gli allenatori ed i compagni di squadra soprattutto più anziani ed esperti, influenzano fortemente la formazione ed il perseguimento di un ideale di magrezza che risulta infatti aumentato. L’ideale di magrezza inoltre, aumenta con il crescere dell’agonismo sportivo.