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Costruzioni misteriose in Cina

E’ arrivato il tempo di risvegliare lo Sherlock Holmes assopito dentro di noi, di ridestare l’Indiana Jones dimenticato nelle più recondite memorie e di richiamare in servizio l’agente 007 dai nostri ricordi di cellulosa per una nuova misteriosa missione impossibile. Ma questa volta non c’è bisogno di fruste o lenti di ingrandimento, di auto volanti o orologi esplosivi. Per indagare su questo nuovo mistero basta armarsi di computer, connessione ad internet e soprattutto di molto tempo a disposizione e di una buona dose di pazienza.

Gli unici indizi a nostra disposizione sono delle coordinate geografiche che, se inserite in Google Maps, potranno aprirci su un mondo lontano e per molti ancora sconosciuto. 40.488966,93.50004 non è un messaggio cifrato o la combinazione della cassaforte della Royal Bank, ma sono le coordinate di latitudine e longitudine che puntano diritte nel bel mezzo del deserto dei Gobi, nella lontana e misteriosa Cina. Precisamente puntano nelle vicinanze della città di Dunhuang, nella prefettura di Jiuquan, nella provincia occidentale di Gansu, a nord del fiume Shule, che attraversa l’altopiano tibetano ad ovest nel deserto Kumtag.

Dopo averle inserire in Google Maps, programma gratuito on-line di Google utilizzato per esplorare il nostro pianeta con dettagliate fotografie satellitari, raggiungibile al seguente indirizzo internet: “http://maps.google.it” e scegliendo la visualizzazione satellitare, vi imbatterete nella prima di una lunga e sterminata serie di immagini apparentemente incomprensibili. Zoomando fino ad un dettaglio di 1 Km è possibile avere una panoramica generale di strane strutture geometriche e costruzioni impressionanti.

Ora è il momento di tirare fuori tutte le nostre doti investigative perché nessuno sa di preciso di cosa si tratta, nessuno è in grado di dare una spiegazione certa o fornire elementi oggettivi che ne giustifichino l’esistenza. Impazzano invece ipotesi, teorie, complotti ed elucubrazioni varie che nessuno però, finora, ha potuto avvalorare con documentazione o dati ufficiali e che, probabilmente, solo il governo cinese e le autorità militari posseggono.

La prima immagine (40.458148,93.393145) sembra essere una sorta di reticolato formato da bande metalliche o disegnate direttamente sul terreno desertico apparentemente senza alcun senso ma ben visibili anche da molti chilometri di altezza, tali da poter essere facilmente localizzate dai satelliti geostazionari. Le sue dimensioni infatti, sono impressionanti, circa 2 chilometri di lunghezza per 1 di larghezza e la sua conformazione non ha ancora trovato una spiegazione plausibile.

L’ipotesi più accreditata le definisce come un gigantesco sistema di taratura per i satelliti spia, utilizzata per la calibrazione ottica delle lenti telescopiche, come, in misura ridotta, si fa con le nostre comune macchine fotografiche. Un’altra, più avvincente teoria, è quella dell’astrofisico Nathan Cohen, inventore delle antenne frattali comunemente utilizzate nei telefoni cellulari che, divertito dall’idea che la sua invenzione sia stata “copiata” dai cinesi, azzarda l’ipotesi che questi strani disegni servano a nascondere, proprio all’occhio indiscreto dei satelliti, ciò che si cela nel sottosuolo.

Come un mantello che rende invisibili, la disposizione delle bande, sarebbe tutt’altra che casuale ma, studiata e ‘ricamata’ proprio per formare una gigantesca antenna frattale, in grado di riflettere le onde radar e celare così gli oggetti nascosti al di sotto di essa. Il frattale è, riportato da Wikipedia: “un oggetto geometrico che si ripete nella sua struttura allo stesso modo su scale diverse, ovvero che non cambia aspetto anche se visto con una lente d’ingrandimento”.

Le antenne frattali, quindi, sono antenne costruite sfruttando proprio le caratteristiche e le capacità di amplificazione dei frattali. Altre teorie o, più propriamente, altre congetture che girano incontrollate e indisturbate sulla rete, affermano che questi disegni o segni, altro non siano che precisi segnali in codice per civiltà extraterrestri, da o per presenze aliene sul nostro pianeta bramose di comunicare con l’uomo e di utilizzare, per le loro astronavi, le strane piste di atterraggio di un bel colore celeste poco distanti.

Ancora, c’è chi afferma, senza essere in grado di dimostrarne la veridicità, che lo strano reticolo sarebbe la rappresentazione in scala ridotta di chissà quale città, ovviamente americana o russa, utilizzata, come piantina geografica, dai militari cinesi per i loro test di bombardamento, ignorando però che nessuna arma, ‘intelligente’ o meno, ha bisogno di riconoscere le strade per sapere dove andare ad esplodere. Per vedere con i propri occhi le due piste di atterraggio, sarà sufficiente spostarsi di 6 chilometri verso est dal primo reticolo e apparirà questo fantomatico aeroporto per alieni.

Anche se la loro forma ricorda molto un aeroporto in miniatura, non è chiaro perché ce ne siano due, a poca distanza una dall’altra, una bianca ed una color ciano. Ancora, a circa 22 chilometri a est, (40.4528, 93.7425) apparirà un altro reticolo, più piccolo e con un ricamo diverso. Se queste strane costruzioni non hanno attirato la vostra attenzione, a qualcuno invece interessano molto e, negli ultimi anni, ha ordinato a Google centinaia e centinaia di immagini della zona.

Chi sia il committente è sconosciuto ma, Allen Thomson, ex analista della CIA, esclude che sia stata qualche agenzia di intelligence o militare americana, perché i loro satelliti spia, sarebbero in grado di acquisire da soli le immagini e con una frequenza, un dettaglio e una precisione sicuramente maggiore di Google. Ipotizza quindi, che queste richieste siano partite da altre agenzie minori, non militari o da qualche altro Stato interessato.

Ora facciamo un balzo di circa 10 chilometri verso sud-est, precisamente alle coordinate 40.41390, 93.58358 dove è ben visibile una griglia formata da 16 quadrati, 4 linee da 4 quadrati ognuna, di 16 metri di lato ognuno e per un perimetro totale 800 metri che, osservandoli alla massima definizione, rilevano indiscutibili segni di esplosioni con tanto di veicoli parcheggiati come bersagli. Chi o cosa, da dove e come siano state realizzati è un mistero e qui, ogni ipotesi e aperta e plausibile. Bombardamenti aerei? Missilistici? Raggi laser satellitari? Nessuna conferma e nessuna smentita.

Inoltre, a soli 4 chilometri verso sud-est alle coordinate 40.4045, 93.6366 è presente un’altra struttura delle dimensioni di 600 metri per 600 al cui interno sono visibili una serie di ‘pali’ simili ad antenne con due tralicci dell’alta tensione appena al di fuori. La loro conformazione, ricorda molto le installazioni in Alaska, nei pressi di Gakona, dove è situato l’impianto di ricerca scientifica della United States Air Force, conosciuto come ‘progetto HAARP’, acronimo di High-frequency Active Auroral Research Program.

Gli scopi dell’installazione sono la ricerca scientifica sugli strati più alti dell’atmosfera e della ionosfera e la ricerca sulle comunicazioni radio per uso militare. Ora invece, facciamo un balzo di 6 chilometri a ovest del primo reticolo, 40.45864, 93.31314 qui è presente, forse, la più strana e ‘simpatica’ delle costruzioni, un cerchio formato da altri cerchi concentrici al cui centro sono ben visibili tre aerei militari ed alcuni automezzi, anch’essi parcheggiati come bersagli. Anche in questo caso, appena fuori del cerchio, in direzione sud è presente una grande antenna di ricezione/trasmissione.

Questa particolare conformazione, ha portato alcuni ad azzardati paragoni con i misteriosi disegni, o meglio geroglifici di Nazca, ma paragonare questi ‘chiari’ bersagli militari con le strabilianti opere della scomparsa civiltà preincaica, non è semplicemente fuori luogo, ma è un palese errore storico-archeologico che rasenta di confondere il sacro con il profano. Molto più profane, ma non meno misteriose ed imponenti sono le strane vasche di acqua, veri e proprio bacini larghi 20 chilometri e lunghi 10, visibili alle coordinate 40.452107, 90.856933 che la chiarezza dell’acqua e le ombre degli oggetti che ne affiorano, lasciano desumere che siano poco profonde.

In questo caso, le ipotesi più accreditate parlano di un impianto di produzione di cloruro di potassio o di una centrale termo elettrica. Si riconosce infatti, un alto camino, varie costruzioni parallele di colore grigio e di colore azzurro che potrebbero ospitare le caldaie, i desolforatori, i trasformatori/innalzatori e i filtri. Coerentemente con questo scenario, si intravede sul lato nord una struttura allungata di colore azzurro, che sembra connettere i diversi edifici e che potrebbe essere un nastro trasportatore per il carbone (carbonodotto) inoltre, più isolate verso est, sono ben riconoscibili due enormi torri paraboloidi.

Tutto questo, quindi, fa propendere per una funzione energetica e le enormi vasche potrebbero fungere da serbatoi di raffreddamento della centrale stessa. Non deve stupire se il governo cinese ha deciso di impiantare proprio qui un centrale elettrica perché, l’intera fascia desertica è costellata di città, città fantasma per l’esattezza. La politica economica del “Dragone”, da anni realizza progetti apparentemente fallimentari, decine di città, metropoli e megalopoli nate dal nulla e nel nulla, con il chiaro intento di accogliere la popolazione che abbandona la campagna in cerca di lavoro o che, ‘scappa’ dalle principali città perché il tenore di vita è diventato insostenibile e per stimolare l’economia interna con la realizzazione di grandi opere pubbliche.

Decine di milioni di persone che lasciano le proprie terre in cerca di fortuna o miglior sorte, hanno letteralmente fatto esplodere il mercato immobiliare. Nelle maggiori città cinesi, il prezzo delle abitazioni è aumentato fino al 70%, la speculazione edilizia ha portato nelle casse della Vanke, una delle maggiori società immobiliari del paese, un guadagno annuo di circa 15 miliardi di dollari. Per tamponare la bolla speculativa quindi, il governo cinese spinge la popolazione verso queste nuove città sperdute nel deserto con allettanti opportunità di lavoro. Il risultato degli attuali prezzi esorbitanti ed inavvicinabili delle case, lascia praticamente sfitte più di 64 milioni di abitazioni sparse in decine di vere e proprie città ombra.

Ordos, Kangbashi, Bayannao, Zhengzhou sono solo alcuni esempi di queste metropoli desertiche (aggettivo quantomeno opportuno) che, sempre con Google Maps è possibile vederne le strade desolatamente libere, qualche macchina parcheggiata sotto enormi grattacieli e le poche macchine in coda al semaforo. Se questa manovra politica mirata a calmierare i prezzi degli immobili dovesse fallire e l’economia cinese implodere sotto questa bolla speculativa, il dragone asiatico andrebbe incontro ad un fallimento 1.000 volte maggiore quello che ha colpito il Dubai nel 2008 con inevitabili ripercussioni in tutte le economie mondiali.

Non hanno nulla a che vedere con il problema delle case invece, gli 8 ideogrammi scritti sul terreno alle coordinate 44.88136, 93.53400, o i 5 numeri ‘incisi’ e cerchiati sul suolo, distanti solo 700 metri in direzione est (44.882368,93.542413) né, tantomeno, il “mirino” gigante a 40.458148,93.393145 con un diametro di più di 300 metri o, ancora, la freccia (43.97810,93.96035) formata da 15 cerchi bianchi del diametro di 10 metri ciascuno per una lunghezza totale di 250 metri e che indica chiaramente l’inizio di una strada o di un canale che prosegue in direzione nord-est per altri 300 metri fino ad interrompersi o interrarsi per proseguire verso chissà quale meta.

Ma i segni più incomprensibili e colossali, si trovano alle coordinate 44.107,93.842 e ancora alle coordinate 44.424081,93.314618 dove gigantesche griglie a zig-zag si ripetono quasi infinitamente per una lunghezza di 45 chilometri ed una larghezza di 12 e che, secondo Google Maps, prima del 2009 non esistevano ma sembrano apparse tra settembre 2009 e maggio 2010. Viste da vicino, sembrano tracce lasciate dal passaggio di pneumatici di autoveicoli che la natura desertica ha provveduto a mantenere inalterate per tutti questi anni, anche in questo caso, si ignora loro funzione, ma una cosa è certa, tutto il deserto dei Gobi è tutt’altro che

inospitale e abbandonato ma, al contrario, sembra un immenso campo di addestramento militare, un banco di prova per le manovre delle forze aeree e terrestri “pericolosamente” vicine alla piccola isola indipendente di Taiwan. Una indipendenza da sempre mal digerita da Pechino e che non ha mai celato mire espansionistiche e di riconquista della terra di Formosa, ben consapevoli però, che tutto ciò implicherebbe un inevitabile intervento internazionale con fatali tensioni internazionali.

Il deserto dei Gobi si estende su una immensa regione che attraversa la zona nord-est della Cina e la parte sud della Mongolia per 2000 chilometri circa, in questo scenario è più che plausibile pensare che ci siano molte altre strutture, costruzioni, segni o simboli di tutte le forme e dimensioni pronte ad essere svelate dall’occhio indiscreto del satellite di Google Maps.

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