Mentre la Cina cerca di diventare la prima economia del mondo, lottando con super potenze come la Russia e gli USA, le aziende con gli occhi a mandorla iniziano a farsi spazio nel difficile mercato europeo e americano, ottenendo inoltre numerosi risultati positivi, alcuni anche da record. Uno dei giri d’affari più importanti del momento è sicuramente quello dell’e-commerce, dove l’America è avvantaggiata grazie ad Amazon ed eBay, ma nel quale l’ex Impero di Mezzo si sta concentrando con il colosso Alibaba, la creatura del brillante Jack Ma, che è diventata la prima piattaforma del commercio mondiale online. Con oltre 130 miliardi di euro, l’anno scorso l’azienda ha fatturato più di eBay e Amazon messi insieme. Ma nonostante i numeri da capogiro, all’estero in pochi ne hanno sentito parlare. Ma cos’è Alibaba e come si è sviluppato?
La storia di Alibaba potrebbe tranquillamente inserirsi tra i racconti che hanno trasformato la Santa Clara Valley nella Silicon Valley che tutti conosciamo. Il suo fondatore, Jack Ma, ha ideato la piattaforma a 35 anni, quando era ancora un semplice e umile insegnante di inglese e, ora che ne ha 48 e la sua creatura è all’apice del successo ha deciso di lasciare la società. “Internet appartiene ai giovani”, ha dichiarato quando ha lasciato il suo posto a Jonathan Lu, un insider con una carriera decennale all’interno dell’azienda. Una scelta coraggiosa quella di Ma, il quale però è sicuro del buon lavoro che verrà svolto dal suo pupillo.
“Ebay sarà pure uno squalo nell’oceano, ma noi siamo l’alligatore del fiume Azzurro, se combattiamo nell’oceano perdiamo, ma se combattiamo nel fiume siamo destinati a vincere”.
Queste furono le tuonanti parole all’inizio del suo immenso progetto, quando in molti non credevano in lui e vedevano la fine di Alibaba di li a breve. E infatti così è stato. L’alligatore del fiume azzurro, come oramai è noto, ha aperto la sua società di e-commerce nel 1999 con lo scopo di dar vita a una piattaforma online che potesse mettere in contatto le innumerevoli e manifatturiere industrie cinesi con i compratori sparsi in tutto il mondo.
Già dal nome, per alcuni molto buffo e poco serio, si poteva capirne le potenzialità. Alibaba è un nome così particolare e universale che tutti saranno in grado di memorizzarlo, superando la Grande Muraglia e arrivando in Occidente, dove il celebre personaggio della letteratura araba medievale è ben presente nell’immaginario comune.
“Ali Baba non era un ladro. Era un gentiluomo che sapeva fare affari”.
E’ su questa idea che Alibaba è cresciuto, facendo capire la propria filosofia al mondo, distinguendosi inoltre dagli altri siti di e-commerce. Oggi Alibaba è un colosso mondiale grazie a questi principi: impiega circa 24mila persone in 70 città sparse tra Cina, Giappone, Corea, Gran Bretagna e Usa. La sua ascesa, probabilmente, non si ferma qui. Secondo alcune previsioni, il mercato dell’e-commerce cinese è destinato a superare quelli di Stati Uniti, Gran Bretagna, Germania e Francia messi insieme entro il 2020. Anche se in molti sono scettici sull’entrata a gamba tesa nel mercato americano, Alibaba vuole espandersi nel mondo attraverso i milioni di migranti cinesi e i nuovi consumatori dei paesi in via di sviluppo. Il ‘Forbes‘ ha calcolato che il suo fondatore abbia oramai accumulato una fortuna di un miliardo e mezzo di dollari americani.
“Fare soldi è etico, un business che non fa soldi è sprecato. Noi facciamo soldi perché vogliamo servire sempre più persone in futuro”.
Il ‘Forbes’ ha anche riportato che in Cina il 60% delle vendite online passa per i sistemi di Alibaba e la quantità di dati che deve aver immagazzinato su fornitori e abitudini d’acquisto della classe media deve essere colossale. E’ forse proprio da qui nasce l’ultima trovata del colosso: Aliloan, il nuovo prodotto della galassia Alibaba, veicola prestiti bancari ai piccoli e medi imprenditori che sono parte del proprio database, garantendo inoltre per loro.
È un circolo virtuoso: uomini d’affari e semplici clienti vendono le proprie merci attraverso i diversi siti del gruppo permettendo così ad Alibaba di raccogliere dati sulle loro performance e sulla loro affidabilità. Sono gli stessi dati usati poi come garanzia per ottenere prestiti dalle banche. Un’idea molto interessante, sopratutto in questo periodo di crisi, nel quale molti cercano di fare impresa con scarsi risultati.
“I piccoli imprenditori sono coloro che muovono l’economia di uno stato, se non aiutiamo loro non potremmo mai diventare grandi, sono tutti bravi ad aiutare i grandi”.
Insomma, come si legge sul ‘The Economist‘, che recentemente ha dedicato al fenomeno una copertina intitolata: “Attualmente Alibaba è il cuore del capitalismo dei bambù”, ovvero di quelle aziende private cinesi che con la loro struttura snella e flessibile sono riuscite a reggere l’impatto e a vincere in un sistema di capitalismo a conduzione statale. Il suo business è guidato dal consumismo sfrenato delle persone, in un’economia dove i consumi stanno esplodendo: la Cina.